Emanuela Orlandi e il filo con Francesca Chaouqui e Vatileaks: "Penso che sia morta in Italia"
Francesca Chaouqui fa chiarezza sul suo ruolo nella vicenda di Emanuela Orlandi e sul collegamento con Vatileaks: "Morta in Italia"
Il sottile filo rosso che collega la scomparsa di Emanuela Orlandi a Francesca Chaouqui viene ripreso da quest’ultima, che in un lungo sfogo sui social fa il punto per rispondere a tutto ciò che è stato detto (e scritto) sul suo conto e sulla presunta relazione con il caso della cittadina vaticana svanita nel nulla il 22 giugno 1983. Il binomio Orlandi-Chaouqui, ricordiamo, è in realtà un triangolo: Orlandi-Chaouqui-Balda, dove quest’ultimo è l’ex monsignore Lucio Vallejo Balda. Il contesto in cui si collocano questi tre nomi sono le chat WhatsApp di cui Pietro Orlandi ha parlato da quando dagli interni delle mura leonine è stato aperto il primo fascicolo sulla scomparsa di Emanuela, nel 2023. Il fratello della ragazzina scomparsa, infatti, era in possesso di una conversazione privata tra Balda e Chaouqui in cui erano presenti riferimenti alla sorella in modo abbastanza criptico. Quando sono iniziati i lavori della commissione bicamerale di inchiesta sono spuntati i nomi dei due interlocutori. Oggi Francesca Immacolata Chaouqui interviene sui social per fare chiarezza.
- Francesca Chaouqui e "quella roba della Orlandi"
- La cassa e i tombaroli
- Il destino di Emanuela Orlandi, secondo Chaouqui
Francesca Chaouqui e “quella roba della Orlandi”
Come già detto, in una lunga nota postata sui social – Facebook, nello specifico – Francesca Immacolata Chaouqui interviene sul caso Orlandi e sulle chat di cui Pietro Orlandi ha sempre parlato, presentandole anche nel corso della prima audizione della commissione parlamentare d’inchiesta Orlandi-Gregori.
Ancora, Chaouqui fa riferimento alla pista di Londra, ai “tombaroli” e alla “cassa” nel tentativo di rispondere alle attribuzioni su una possibile conoscenza della sorte di Emanuela Orlandi, sulla quale la stessa Chaouqui aveva già detto di non essere a conoscenza. Per capire meglio, partiamo da uno di quei messaggi: “A settembre dobbiamo far sparire quella roba della Orlandi e pagare i tombaroli. Di questo devi parlare al Papa”, aveva scritto Chaouqui a Balda tra il 2013 e il 2014.
“Nei messaggi propalati alla stampa si legge che incito monsignor Balda a far sparire ‘quella roba della Orlandi‘”, scrive, poi fa subito chiarezza: “Mi riferivo ai cinque fogli di Londra”, ovvero quelli resi pubblici nel 2017 dal giornalista Emiliano Fittipaldi in cui ci sarebbe stato un resoconto delle presunte spese sostenute dal Vaticano per allontanare Emanuela Orlandi da casa e nasconderla a Londra.
Secondo Chaouqui, quei fogli “tornarono misteriosamente dopo che monsignor Balda aveva inscenato un furto di documenti dalla cassaforte dell’archivio Cosea”, ma lei stessa considerava quei fogli poco attendibili, o meglio “una pista capace solo di dare una falsa speranza“.
La cassa e i tombaroli
Quindi, Chaouqui interviene anche sul dettaglio della “cassa” e dei “tombaroli“. Secondo le sue fonti, la cassa “portata a Santa Maria Maggiore” conteneva “documenti di archivio importanti” considerati non più al sicuro “dopo il furto (quello all’archivio Cosea ‘inscenato’ da Balda, nda)”, ma anche “alcuni documenti trovati dopo l’apertura della tomba degli angeli” al Cimitero Teutonico nel 2019.
“Io non ho aperto quella cassa”, scrive Chaouqui, “ma Pietro non mi crede“. A seguire, i tombaroli: “Quando chiedevo che si pagassero i tombaroli intendendo che chi avesse aperto la tomba dovesse essere pagato”, dal momento che “io effettuavo le disposizioni al segretario per fare i pagamenti”.
Alla fine di questa parentesi, Chaouqui scrive che col tempo avrebbe scoperto che “il furto era finto e monsignor Balda un malato di mente“. Infine, si esprime sulla sorte di Emanuela Orlandi.
Il destino di Emanuela Orlandi, secondo Chaouqui
Secondo Francesca Immacolata Chaouqui, quello di Emanuela Orlandi è stato un rapimento, e la 15enne scomparsa nel 1983 sarebbe “morta per mano di chi l’ha rapita”.
Tuttavia, nonostante il suo scetticismo sui famosi “cinque fogli”, trova attendibile la versione di un trasporto di Emanuela Orlandi a Londra. “Penso che non sia morta subito, penso che a Londra ci sia stata davvero ma che sia morta in Italia“.
Quindi? “Penso che chi sapeva sia morto, chi è vivo non parlerà mai”, e si dice convinta che la verità non sia (o fosse) nota a Benedetto XVI così come a Papa Francesco.