Donald Trump a processo contro la pornostar Stormy Daniels a pochi mesi dalle elezioni: gli scenari possibili
L’ex presidente Donald Trump, nuovamente candidato, comparirà in aula per una serie di processi penali dal 15 aprile: l'intervista a Gianluca Pastori per capire le possibili conseguenze
Se le primarie hanno finora dato un esito scontato, sia per il partito repubblicano sia per quello democratico, la vera incognita verso le elezioni Usa sembra essere sempre di più l’andamento dei processi giudiziari a carico di Donald Trump. Lunedì 15 aprile è prevista una nuova udienza a New York, col tycoon chiamato a rispondere dell’accusa di aver pagato una pornostar, Stormy Daniels, per tacere su un suo presunto incontro l’ex presidente Usa. Incontro che sarebbe avvenuto nelle ultime settimane della campagna elettorale 2016. Ai microfoni di Virgilio Notizie, l’analisi di Gianluca Pastori, docente di Storia delle relazioni internazionali nel Master in Diplomacy (già Master in International Affairs) dell’ISPI – Istituto per gli Studi di Politica Internazionale e ordinario all’Università Cattolica di Milano.
- Di cosa è accusato Donald Trump e chi è Stormy Daniels
- Udienza del 15 aprile, corsa contro il tempo
- L'intervista a Gianluca Pastori su Donald Trump e i suoi processi
Di cosa è accusato Donald Trump e chi è Stormy Daniels
Stormy Daniels è il nome d’arte della pornostar Stephanie Clifford.
L’incontro con Donald Trump è arrivato nel 2006, un anno dopo il matrimonio con Melania.
Stephanie Clifford mentre firma un autografo durante un festival dedicato all’intrattenimento per adulti a Berlino nel 2018
Trump e Clifford avrebbero iniziato una relazione, interrotta dopo pochi mesi per volontà della donna che 10 anni dopo, nel 2016, avrebbe provato a vendere la sua storia ai media.
Secondo l’accusa, Donald Trump avrebbe versato a favore di Stormy Daniels una cifra pari a 130 mila dollari nel 2016 per convincerla a tacere.
Udienza del 15 aprile, corsa contro il tempo
L’udienza era prevista per il 25 marzo, ma il presidente della Corte, il giudice Juan Merchan, ha concesso alcune settimane di rinvio per dare modo e tempo alle parti in causa di valutare le centinaia di migliaia di pagine di documenti relativi al procedimento giudiziario.
Il ritardo nell’invio dei fascicoli da parte del procuratore generale degli Usa, dunque, ha costretto a postporre l’udienza.
Ma la scadenza elettorale si avvicina e ci si interroga anche sulle possibili conseguenze, in caso di condanne per Trump, così come dell’eventualità che queste possano arrivare dopo l’appuntamento elettorale di novembre.
“Non capisco come si possa fare un processo a pochi mesi dalle elezioni”, ha affermato Trump nelle scorse settimane aggiungendo che questa situazione è “profondamente ingiusta”.
L’intervista a Gianluca Pastori su Donald Trump e i suoi processi
Finora Donald Trump sembra godere ancora di forte sostegno da parte della base repubblicana, almeno negli appuntamenti con le presidenziali. È così?
“Assolutamente sì, anche se su Nikki Haley andrebbe fatta qualche precisazione. Non credo che abbia creduto di poter sfidare Trump con qualche possibilità di successo. Piuttosto ritengo che volesse mettere in luce come ci sia una parte del partito repubblicano che non ama particolarmente l’ex presidente e che, in caso di vittoria alle prossime elezioni, vorrebbe un altro tipo di presidenza. Nel suo discorso di rinuncia alla propria candidatura, Haley ha infatti detto che sarebbe disposta ad accettarlo se lui accettasse la visione anche di quella parte di partito che non ne condivide totalmente le posizioni, insomma è stato un appello ad essere il candidato presidente di tutto il partito”.
Il vero scoglio potrebbe essere rappresentato dalle vicende giudiziarie. La prima udienza del processo Daniel” è il 15 aprile. Cosa ci si aspetta?
“Mi sembra che la strategia difensiva, ma anche e soprattutto politica, sia di dilazionare i tempi. Già in vista del 15 aprile era stata chiesta una proroga. Lo stesso vale per le altre udienze relative ai diversi casi che coinvolgono Trump. La dilazione è una scelta tattica. Da un punto di vista strategico, poi, ci si attende un Trump che cercherà di cavalcare a proprio vantaggio il coinvolgimento in processi, di presentarsi quindi come una vittima di un sistema di potere contro cui si sta battendo e che, come ha già dichiarato in passato, non potendolo sconfiggere sul piano elettorale, lo voglia fermare ricorrendo alla via giudiziaria”.
È possibile che Trump possa essere condannato prima delle presidenziali, dunque che la sua corsa verso la Casa Bianca possa interrompersi prima di novembre?
“È difficile da prevedere, ma forse è ciò che si aspettano o auspicano gli oppositori nel partito democratico. Il problema è che in questo caso si aprirebbe un altro fronte di battaglia, in particolare giudiziario. L’opinione pubblica statunitense è già molto divisa rispetto alla candidatura di un potenziale condannato, ma al momento non esiste nulla possa impedire questo scenario. Il rischio è che la battaglia si sposti dalle aule dei tribunali, come avviene ora, al terreno della giurisprudenza vera e propria con un quesito: un condannato può essere presidente? E poi, può esserlo se la condanna è solo di primo grado?”.
E se accadesse dopo il voto e magari dopo una sua elezione, cosa succederebbe? Godrebbe di immunità o no?
“È proprio questo l’interrogativo, perché ci si muoverebbe in un terreno non mappato, senza precedenti. Prevedo che comunque, se dovesse esserci una battaglia legale, questa sia destinata a destinare a lungo. Non possiamo sapere cosa accadrebbe perché si aprirebbe un campo completamente nuovo, legato a un problema politico enorme: quale credibilità interna e internazionale avrebbe un presidente condannato? Non mi riferisco tanto a una eventuale condanna per reati civili o finanziari, come quelli all’ordine del giorno il 15 aprile, quanto per un reato penale, come nel caso in cui fosse acclarata la responsabilità di Trump nell’aver tenuto documenti riservati nella sua residenza in Florida, o per aver cercato di forzare i risultati elettorali in Georgia nel 2020”.
In tutto questo, qual è la posizione europea? Cosa ci si aspetta dal voto Usa?
“Da mesi le cancellerie europee si stanno preparando a un eventuale ‘colpo’ del genere, temendo conseguenze imprevedibili per una eventuale rielezione di Trump. Credo che però vada precisato cosa si intende per imprevedibile: non ritengo che significhi che gli Usa di Trump possano uscire dalla Nato, perché non è una decisione che rientra nei poteri del presidente bensì del Congresso. Lui potrebbe sicuramente ridurre i fondi americano, rendendo di fatto simbolica o poco più la presenza degli Stati Uniti nell’Alleanza. Un’altra conseguenza è che potrebbe distruggere la fiducia degli Alleati, come già accaduto in passato. Questo, però, non sarebbe solo un problema in Europa. Pensiamo ad altri teatri, come l’Asia e l’Indo-pacifico: in questi anni Biden ha lavorato molto per ricostruire rapporti e reti di sicurezza in queste aree, che invece potrebbero dissolversi. Questo significherebbe ridistribuire sugli alleati le responsabilità di cui finora si sono fatti carico gli Usa”.