Da Invalsi 2023 i soliti problemi e qualche buona notizia. Il presidente Ricci: "Non abbiamo fatto abbastanza"
Divari territoriali e competenze in calo dal pre-Covid, ma anche progressi in inglese e minor dispersione scolastica. Parla il presidente Invalsi
Divari Nord-Sud fin dalle elementari ed effetti a lungo termine della pandemia. È il quadro del rapporto Invalsi 2023, presentato il 12 luglio in Parlamento. Il dato più allarmante è che un maturando su due non raggiunge le competenze minime in italiano e matematica, non una novità rispetto agli ultimi due anni. Migliorano invece i risultati in inglese e cala la dispersione scolastica implicita (gli alunni che finiscono gli studi con gravi carenze in italiano, ma anche in matematica e in inglese), ancora però sopra i livelli pre-Covid. Virgilio Notizie ha intervistato il presidente dell’Istituto Invalsi, Roberto Ricci, che ha fatto autocritica e ricordato che i problemi della scuola italiana hanno radici ben più profonde della pandemia.
- Cosa misurano le Invalsi e chi partecipa
- L’intervista al presidente Invalsi Roberto Ricci
- I dati delle prove Invalsi 2023 in breve
Cosa misurano le Invalsi e chi partecipa
Come ogni anno, Invalsi (che sta per Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo d’istruzione e di formazione) ha pubblicato il rapporto in cui misura le competenze scolastiche di italiano, inteso come comprensione del testo scritto, matematica e inglese, diviso in reading (lettura) e listening (ascolto).
Le prove riguardano gli alunni di seconda e quinta superiore, terza media e seconda e quinta elementare: nel 2023, hanno coinvolto un totale 2 milioni e 700 mila studenti in 12 mila scuole italiane.
L’intervista al presidente Invalsi Roberto Ricci
I dati Invalsi 2023 stanno venendo rilanciati con forte allarmismo dai media, trascurando i (pochi) segnali positivi. Partiamo da cosa è andato meglio quest’anno?
Quando c’è attenzione sul mondo della scuola è sempre una cosa positiva, spesso al di là di questi eventi l’interesse dell’opinione pubblica tende a venire meno. Ci sono alcuni aspetti interessanti in senso positivo: diminuisce in termini percentuali e assoluti il numero di allievi che conseguono diploma ma in situazione in fragilità (la dispersione scolastica implicita, ndr). Questa quota di studenti l’anno scorso era il 9,7% dei maturati, ora è l’8,7%.
Altro aspetto positivo è che il numero di coloro che abbandonano la scuola è in calo. I dati Invalsi ci permettono di fare una prima stima e dicono che siamo vicini al traguardo fissato dal PNRR (10,2%). Inoltre, gli esiti dell’apprendimento della lingua inglese sono in costante miglioramento: da quando abbiamo iniziato la rilevazione nel 2018 sono aumentati di 11 punti percentuali coloro che raggiungono il livello B2 al termine della scuola secondaria di secondo grado.
Parlando invece di ciò che non funziona, ogni anno le Invalsi descrivono gli stessi problemi, su tutti il divario Nord Sud. Cosa pensa dei recenti sforzi della politica per dare risposte a questi dati?
Non sono titolato a esprimere un giudizio politico, però non voglio eludere la domanda. Il tema dei divari territoriali è molto serio e grave, mina l’unità effettiva del paese quindi le politiche devono aggredire questo problema. I dati Invalsi ci insegnano la necessità di trovare soluzioni nuove e il permanere dei divari ci mostra che la strada non è stata trovata. Va però detto che per avere dei risultati concreti su questi fattori serve tantissimo tempo, anche decenni, proprio per questo bisogna iniziare subito. Per seminare un albero ci vuole la generosità e l’incoscienza di fare qualcosa che vedranno solo gli altri.
Che ruolo ha avuto la pandemia nel calo dei risultati degli ultimi anni?
Quando interviene un elemento esterno, inatteso e travolgente, è chiaro che chi si trovava già in situazione di fragilità viene colpito maggiormente. La pandemia ha esasperato però problemi che vengono da molto lontano e che riguardano tutta la società: una società che ha trascurato la scuola, non penso solo alla politica ma all’opinione pubblica, alla scuola che fatica a rinnovarsi, a un mondo della ricerca non sufficientemente attento a proporre soluzioni concrete di miglioramento. Nessuno di noi può dichiararsi non responsabile di quei risultati. A partire da Invalsi, tutti dovremmo chiederci: dov’ero mentre avvenivano quei problemi e cosa posso fare oggi? Noi possiamo trasmettere questi dati, con garbo, senza cercare colpevoli ma cercando di individuare problemi e proporre soluzioni.
Quali sono gli attuali limiti delle rilevazioni Invalsi?
Abbiamo una mole enorme dei dati, da cui abbiamo imparato tantissime cose, ma Invalsi deve riuscire a tradurre in suggerimenti didattici ciò che emerge dalla raccolta di questi dati. Su questo non abbiamo fatto abbastanza. Per esempio, vediamo tante situazioni in cui le scuole hanno trovato soluzioni molto convincenti e qui il nostro compito è fare da altoparlante. Oppure segnalare problemi, dove ci sono soprattutto nell’apprendimento e insegnamento della matematica, e provare a proporre idee per superarli.
I dati delle prove Invalsi 2023 in breve
“Non possiamo più accettare che l’Italia sia divisa in due. Abbiamo il dovere morale di ricomporre in unità il sistema scolastico e formativo del nostro Paese”. Con queste parole il Ministro dell’Istruzione e del Merito Valditara ha aperto la presentazione del rapporto Invalsi 2023. E infatti la sintesi dei dati è la conferma delle storiche differenze di risultati tra Sud e Nord, che si manifestano leggere già dalle elementari e crescono durante il percorso scolastico. Nelle regioni del Sud si riscontrano inoltre divari più marcati tra le singole scuole e classi, ovvero più difficoltà nel garantire pari opportunità agli studenti.
Nel 2023, gli alunni di quinta elementare hanno registrato cali in tutte le materie, non solo rispetto al pre pandemia ma anche all’anno scorso: dal 2022 a oggi, il raggiungimento dei livelli minimi è sceso dal 94% all’87% in inglese e dall’80% al 74% in italiano, con le fasce di punteggi più basse in Sicilia, Calabria e Sardegna. Più stabili i risultati delle scuole medie, dove continua il trend positivo in inglese, con +3 punti percentuali dal 2022 (+11 dal 2018). Considerazioni simili valgono per la quinta superiore, dove però si raggiungono punteggi più bassi e le differenze territoriali si fanno più acute.
A livello nazionale solo un maturando su due raggiunge le competenze minime di italiano e matematica, ma questa quota oscilla tra oltre il 60% nelle regioni settentrionali e il 39% nel Sud e Isole (inteso come Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna). Le competenze in inglese di reading tornano vicino ai livelli del 2019 (54%), mentre il listening registra miglioramenti al Sud e Isole (+6 punti percentuali dal 2019), che però pagano ancora un forte scarto: 24% di adempienti contro il 54% del Nord Est e il 58% del Nord Ovest.
Di seguito i dati Invalsi alle competenze dei maturandi degli ultimi anni divisi per materie e territorio (2020 escluso).
Se il quadro dei maturandi è drammatico, almeno la dispersione scolastica implicita, che come detto misura quanti allievi chiudono gli studi senza competenze minime in tutte e tre le materie esaminate, è calata di un punto percentuale nel 2023 (8.7%) ma resta maggiore dei livelli del 2019 (7.5%). Questi studenti in fragilità sono più spesso maschi, provenienti da istituti professionali e da contesti socioeconomici più sfavorevoli e ripetenti almeno un anno, a riprova di come la bocciatura non basti a far maturare le competenze minime entro la fine degli studi.