Covid, a chi andrà la terza dose: le indicazioni di Abrignani (Cts)
L'immunologo del Cts ha spiegato i motivi di un ulteriore richiamo contro il Covid-19 e a chi andrà
Una terza dose del vaccino anti-Covid sembrerebbe sempre più necessaria. Ne sono convinti i governi di diversi Paesi, da Israele alla Francia, tra chi ha già iniziato a somministrare l‘ulteriore richiamo e chi lo ha messo in programma per il prosieguo della campagna vaccinale. Una possibilità sostenuta anche dall’immunologo dell’Università di Milano e membro del Cts, Sergio Abrignani, che ne parla in un’intervista a Repubblica.
“Potrebbe servire a dare un boost, cioè un potenziamento della risposta immunitaria – ha spiegato l’esperto – a chi ha già chiuso il ciclo. Sappiamo, grazie all’esperienza su altri vaccini, come quello contro l’epatite B, che una nuova somministrazione dà un rinforzo rispetto alle prime due dosi. Sarà utile ad esempio per chi ha risposto poco al primo ciclo di vaccinazione ma anche per chi ha ancora un’ottima copertura, perché potrebbe servirgli a prolungare la memoria immunologica”.
“In questo momento nel mondo occidentale circa il 98% dei morti ha più di 60 anni. Quindi si va verso una terza dose per queste persone. Prima però ci sono da proteggere i fragili che rispondono poco al vaccino a causa delle loro condizioni. Si tratta ad esempio di soggetti che fanno la chemioterapia, che hanno sindromi di immunodeficienza, oppure che assumono alte dosi di cortisone. Non sono tanti nel nostro Paese, al massimo mezzo milione di persone” ha aggiunto Abrignani.
Nonostante manchi un’indicazione precisa in merito da parte degli Enti regolatori e l’Oms abbia chiesto di completare il primo ciclo di vaccinazione in tutto il mondo, alcuni Paesi si stanno già muovendo.
Israele ha cominciato da due settimane con la terza somministrazione agli over 60 e ha annunciato di continuare con gli over 50, il presidente Macron ha comunicato l’inizio in Francia per i più anziani e i vulnerabili a partire da settembre, mentre il virologo Anthony Fauci, a capo della task force americana contro il Covid-19, ha dichiarato che il potenziamento della risposta immunitaria sarà destinato non solo ai più deboli ma a tutta la popolazione statunitense.
Come specifica Abrignani il “booster” servirebbe al momento come un’ulteriore protezione contro il Sars-CoV-2 come lo conosciamo oggi, ma non si può escludere l’esigenza di richiami in futuro a fronte dell’apparizione di altri ceppi del coronavirus: “Contro quelle esistenti, come la Delta, sì, perché abbiamo visto che il vaccino copre al 90-95% dalle forme gravi e a circa al 70-80% contro l’infezione. Se per caso dovesse venire fuori in futuro una variante che sfugge e purtroppo dovesse prendere il sopravvento, allora sarà necessario fare un richiamo con un vaccino diverso, quindi non con il booster di cui parlavo prima”.