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Covid, quanti non sviluppano anticorpi dopo la guarigione e perché

Uno studio dei Cdc americani ha rivelato i motivi per cui alcune persone non sviluppano anticorpi dopo essere guarite dal Covid

Di: VirgilioNotizie | Pubblicato:

Alcune persone non sviluppano anticorpi dopo l’infezione da Covid e la conseguente guarigione. È un aspetto, noto alla scienza, che inevitabilmente intacca il processo di immunizzazione naturale della popolazione e ha delle implicazioni anche sulla campagna vaccinale. Ma quante persone non sono in grado di sviluppare anticorpi contro il Covid e perché? A rivelarlo è uno studio dei Centers for Disease Control and Prevention (Cdc), i centri per il controllo e la prevenzione delle malattie negli Stati Uniti, pubblicato su Emerging Infectious Diseases.

Covid, quante persone non sviluppano anticorpi dopo essere guarite

“Non tutte le persone che si stanno riprendendo dall’infezione da sindrome respiratoria acuta grave da SARS-CoV-2 sviluppano anticorpi specifici per SARS-CoV-2”, è la premessa nell’abstract dell’articolo. I ricercatori hanno osservato che la mancata sieroconversione, cioè quando nel sangue non vengono rilevati anticorpi contro un agente infettante, è associata a un’età più giovane e a una bassa carica virale.

“Abbiamo studiato 72 persone, tutte con un precedente test RT-PCR positivo ma prive di sintomi per meno di 3 settimane prima che il sangue fosse raccolto per il test”, precisano i ricercatori. Di queste, “solo 46 avevano risposte IgG rilevabili, risposte IgA o entrambe”. La restante parte, cioè “26 partecipanti sono rimasti sieronegativi” e non hanno sviluppato una risposta immunitaria: si tratta del 36% del totale.

Perché alcune persone non sviluppano anticorpi contro SARS-CoV-2 dopo la guarigione

“Per indagare le potenziali ragioni della mancanza di sieroconversione – proseguono gli studiosi – abbiamo esaminato i dati demografici, clinici e di laboratorio disponibili. Confrontando etnia, sesso e gravità dei sintomi, non siamo riusciti a trovare un’associazione significativa con lo stato sierologico, sebbene abbiamo osservato una tendenza all’aumento della positività anticorpale con l’aumento della gravità dei sintomi”.

“Tuttavia, le persone sieronegative erano in media di 10 anni più giovani delle persone sieropositive e mostravano valori Ct RT-PCR che erano di 11 cicli più alti”, si legge nello studio.

Oltre al fattore legato all’età, i ricercatori hanno rilevato che “basse cariche virali nasofaringee sembrano insufficienti per suscitare una risposta anticorpale sistemica”.

In conclusione, i ricercatori osservano che “i pazienti con basse cariche virali di SARS-CoV-2 nel tratto respiratorio hanno meno probabilità di sviluppare una risposta anticorpale sistemica”.

Le implicazioni per la vaccinazione

Questi risultati, secondo gli studiosi, hanno anche delle conseguenze sulla campagna vaccinale. “Recenti studi hanno rivelato che le persone sieropositive hanno una maggiore risposta anticorpale dopo la prima, ma non la seconda dose di un vaccino mRNA, suggerendo che una singola dose è sufficiente“.

Tuttavia, quelli che non sviluppano anticorpi “potrebbero non esibire una risposta anamnestica altrettanto elevata, ma assomigliano a persone che non sono mai entrate a contatto con SARS-CoV-2, come è stato osservato per un vaccinato precedentemente infetto che non ha mai sviluppato anticorpi“.

“Infine – concludono i ricercatori – le persone positive alla RT-PCR che hanno manifestato sintomi di Covid-19 potrebbero essere meno inclini a cercare la vaccinazione, credendo di essere protette, ma i nostri risultati mettono in guardia contro questa ipotesi“.

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