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Covid, la differenza tra fine "medica" e "sociale" della pandemia

Il professore di Storia della Medicina Gilberto Corbellini analizza la possibile fine della pandemia da Covid-19

Di: VirgilioNotizie | Pubblicato:

Una pandemia non termina all’improvviso, soprattutto una delle proporzioni di quella da Covid-19. Ricostruendo la storia di alcune malattie diffuse su scala mondiale nel passato, in un recente articolo del New York Times, diversi esperti hanno tracciato la differenza tra una fine “medico-scientifica” del contagio e una “sociale”: secondo questa ipotesi ad un certo punto le persone sarebbero portate per sfinimento ad considerare finita la pandemia e a tornare alla normalità anche prima di una conclusione ufficiale dichiarata dalla comunità scientifica. Un’interpretazione che non convince però il professor Gilberto Corbellini, Professore ordinario di storia della medicina della Sapienza di Roma, intervistato sull’Hunffington Post.

Covid, la differenza tra fine “medica” e “sociale” della pandemia: l’analisi

Sono scettico su questa lettura perché il fatto che un’epidemia possa spegnersi socialmente, cioè terminare perché la società a un certo punto decide di ignorare la minaccia, vale soltanto quando questa minaccia non è più percepita. Non esiste nella storia della medicina nessun caso di epidemia o pandemia che si siano ‘chiuse socialmente’ in un momento in cui c’era un’alta mortalità e le persone avevano paura di morire” ha spiegato Corbellini.

“Premessa. Noi abbiamo una risposta psicologica innata verso le epidemie e le pandemie – dice il professore – ci terrorizzano e scatenano una serie di reazioni che escono da qualsiasi controllo razionale. In questa situazione di paura che ormai circola, si crea un’ambivalenza nelle persone: da una parte un sentimento di pessimismo sullo scenario generale, si ha paura che l’epidemia riprenda o sia ha paura per il futuro”.

“Ma sul piano individuale tendiamo ad essere ottimisti, pensando che in qualche modo ce la faremo sempre, per questo prendiamo anche più rischi di quelli che dovremmo. Tendiamo a uscire delle regole: questo è un fattore che influenzerà nei prossimi mesi le dinamiche epidemiologiche anche rispetto alla circolazione del virus” ha spiegato ancora.

Covid, la differenza tra fine “medica” e “sociale” della pandemia: la percezione del rischio

Per l’accademico il rischio generale percepito sul Covid-19 è basso perché  “è chiaro che la percezione di questa infezione nella società è legata alla comunicazione, al numero trasmesso in televisione di morti che scatena l’emotività, ma che non è un numero abbastanza alto da far sì che le persone nella maggioranza conoscono qualcuno che è morto o che di questa malattia abbiano paura”.

Corbellini sostiene che il Sars-CoV-2 sia “il virus più mediatizzato della Storia della Medicina” e con lui si è inizialmente “una paura ingiustificata, sulla scia dell’emotività suscitata dalla comunicazione“, ma “si può star certi è che questo virus non rappresenta una minaccia per la specie, come qualcuno ha detto”.

“Un altro dato oggettivo, infatti, è che il Covid uccide in prevalenza persone anziane che ci si aspetta che muoiano e quindi se parliamo di un’ipotesi di fine sociale è chiaro che la società non ha degli stimoli di rischiosità che siano tali da non dar spazio al desiderio di far finta di niente e di ripartire e andare oltre”.

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