Covid, tre farmaci a casa prima dei sintomi: l'idea di un medico
Aspirina, Eparina e Cortisone sono i tre farmaci da prendere prima dell'insorgenza dei sintomi: la teoria del dottor Spagnolo
Ci sono tre farmaci in grado di ridurre l’aggressività del Covid-19 e bloccarne alcuni degli effetti più letali, come ad esempio le patologie polmonari. I pazienti, però, dovrebbero essere trattati prima che si manifestino i sintomi. A dirlo, come riporta l’Agi, è il cardiochirurgo calabrese Salvatore Spagnolo.
Si tratta di Aspirina, Eparina e Cortisone: sono questi i tre farmaci che secondo Spagnolo andrebbero assunti come un vero e proprio trattamento a domicilio negli stadi iniziali della sindrome cassata dal coronavirus.
“Purtroppo – ha spiegato all’Agi il dottor Salvatore Spagnolo – i medici prescrivono i farmaci solo quando i pazienti si presentano da loro con la malattia in fase avanzata”.
Eparina contro il coronavirus: la spiegazione di Spagnolo
La teoria del cardiochirurgo è che la causa di morte nella patologia da Covid-19 non sia “solo una polmonite interstiziale ma anche un’embolia polmonare diffusa“, così è nata l’idea di somministrare l’Eparina.
Spagnolo, sulla questione, ha pubblicato anche un articolo sul Journal of Cardiology Research che però “non venne presa in considerazione e, solo a fine aprile, studi autoptici confermarono la presenza di trombi nei polmoni dei pazienti deceduti per Covid 19 e fu introdotta la terapia con eparina nei pazienti in terapia intensiva, ottenendo miglioramenti clinici”.
L’Eparina, sebbene secondo l’Aifa sia “un pilastro nel trattamento del Covid-19”, stando alle parole di Spagnolo è un farmaco attualmente “utilizzato solo nei pazienti ricoverati con segni di polmonite”.
Il ruolo del cortisone e dell’aspirina contro il Covid-19: lo studio
Insieme all’Eparina, per contrastare l’insorgenza dei processi infiammatori e trombotici secondo Spagnolo sarebbero utili anche Aspirina e Cortisone. La conferma, sempre secondo il cardiochirurgo, è arrivata da uno studio dell’Università Americana del Maryland.
Il team di medici ha stimato, su 5mila ricoveri tra marzo e agosto, “un abbassamento della probabilità di morte dal 25.6% al 7.6%” usando questi farmaci. Anche uno studio dell’Alan Turing Institute su 21 mila pazienti ospedalizzati in Gran Bretagna, come ha ricordato Spagnolo, “ha documentato un calo dei tassi di mortalità di circa 20 punti”.