Covid, Bertolaso grato a Zangrillo: "Senza di lui sarei morto"
Guido Bertolaso ha raccontato la sua esperienza col coronavirus, dal tampone al ricovero: "Zangrillo mi ha salvato la vita". Poi, l'anedotto sul toast
Durante i mesi della pandemia, Alberto Zangrillo si è esposto senza mai tirarsi indietro. Contestualmente, il primario del San Raffaele ha sempre cercato di scrollarsi di dosso l’etichetta di negazionista che gli è stata attribuita dall’opinione pubblica dopo alcune sue dichiarazioni (soprattutto a fine maggio) che hanno attirato critiche anche da parte dei colleghi. Ai microfoni della Verità, però, è Guido Bertolaso a esprimere profonda gratitudine nei suoi confronti.
L’ex capo della Protezione civile si è definito “fortunato. Se avessi guidato io questa emergenza mi avrebbero decapitato in tre giorni”.
Covid, Bertolaso: “Tampone da Galli, poi ricovero da Zangrillo”
Bertolaso aveva contratto il Covid-19 “durante un giro che ho fatto tra i medici in prima linea. In quei giorni da loro non ci andava nessuno, per me era un dovere“.
Dopo l’infezione, quindi, le cure: “Se non fossi andato a Milano, da Alberto Zangrillo, sarei sicuramente morto”, ha dichiarato, “perché quelli della mia età, in quel periodo, statisticamente sono morti”.
“Non c’erano respiratori per tutti – ha aggiunto – e in quel momento un respiratore era la vita. Sono un medico, tutto questo mi era chiaro, mi sono fatto una autodiagnosi mentre traversavo la Lombardia in macchina. Quando ho valutato i sintomi e ho visto che la febbre non calava sono corso da Galli a fare il tampone“.
Covid, Bertolaso e l’aneddoto su Zangrillo: “Mi ha portato un toast in piena notte”
Dopo essere risultato positivo, “mi sono messo in mano a Zangrillo e mi sono ricoverato al San Raffaele. I polmoni sono come degli alberi: questo terribile male non colpisce le foglie, ma il fusto e i rami. È difficile arrivare ai rami di quell’albero, anche con la farmacologia che abbiamo oggi. Hai bisogno di tempo. Le terapie intensive regalano tempo a dei sicuri candidati alla morte. Semplice e terribile”.
Quindi, un aneddoto su Alberto Zangrillo: “Ha il massimo del rigore, una severità e una lucidità diagnostica sorprendente. Ma poi è il tipo di medico che capisce di cosa hai bisogno e ti porta i toast in corsia alle due di notte. Lo ha fatto davvero. Gli ho scritto, nel cuore della notte: ‘Ho fame, ho fame’. E lui si è presentato subito, con i due toast. Lo fa con tutti i suoi malati”.