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Covid, come scegliere chi salvare: il documento dei medici

Medici e anestesisti hanno prodotto un documento congiunto nel quale si individuano i principi da adottare se costretti a scegliere chi salvare

Di: VirgilioNotizie | Pubblicato:

Come in Svizzera anche in Italia medici e anestesisti hanno discusso su come comportarsi di fronte alla scelta di dovere rifiutare un ricovero in terapia intensiva, se la pressione sugli ospedali dovesse diventare insostenibile.

Un documento congiunto, redatto dalla Federazione nazionale degli Ordini dei medici (Fnomceo) e dalla Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva (Siaarti), prova a tracciare delle linee guida per i dottori che in piena emergenza dovessero trovarsi di fronte alla decisione di salvare un paziente rispetto ad un altro con minori possibilità di sopravvivenza. Circostanze già avvenute nelle zone più colpite allo scoppio dell’epidemia da Covid-19 e che adesso rischiano di ripresentarsi.

Un documento simile, dal titolo dal titolo “Triage dei trattamenti di medicina intensiva in caso di scarsità di risorse”, è stato elaborato in Svizzera dall’Accademia Svizzera delle Scienze Mediche per determinare i criteri secondo i quali un paziente può essere accettato o meno nei reparti di rianimazione.

Allo stesso modo il memorandum scritto tra medici e anestesisti italiani. è stato pensato per stabilire secondo quali principi dare la precedenza in terapia intensiva “a chi potrà ottenere grazie ad essa un concreto, accettabile e duraturo beneficio”.

“Nelle situazioni emergenziali – si legge nel testo – il medico finalizza l’uso ottimale delle risorse alla salvaguardia della sicurezza, dell’efficacia e dell’umanizzazione delle cure evitando ogni discriminazione”. Ma in caso si sia costretti, “è data precedenza per l’accesso ai trattamenti intensivi a chi potrà ottenere grazie ad essi un concreto, accettabile e duraturo beneficio“.

I fattori generali tramite i quali operare questa scelta dolorosa, recepiti nel testo dal Comitato centrale della Fnomceo, sono “la gravità del quadro clinico, le comorbilità, lo stato funzionale pregresso, l’impatto sulla persona dei potenziali effetti collaterali delle cure intensive, la conoscenza di espressioni di volontà precedenti nonché la stessa età biologica, la quale – viene sottolineato – non può mai assumere carattere prevalente“.

Il documento è pensato a tutela del medico, spesso lasciato da solo insieme al malato, con il peso delle sue responsabilità.

Il motivo per cui, spiegano le associazioni in una nota “occorre stabilire dei criteri, coerenti con i principi etici e con quelli professionali, che possano supportare il medico, qualora si trovi di fronte a scelte tragiche, dovute allo squilibrio tra necessità e risorse disponibili. E che possano garantire comunque al paziente i suoi diritti: dargli la certezza che non sarà abbandonato, ma sarà preso in carico con gli strumenti possibili, appropriati e proporzionati”.

“I criteri d’accesso ai trattamenti intensivi e sub-intensivi che si basano prioritariamente su principi di appropriatezza clinica e proporzionalità delle cure verso il singolo paziente, devono rispondere anche ad esigenze di giustizia distributiva e di equa allocazione delle risorse sanitarie disponibili” è la premessa dei medici.

“L’accesso alle cure” deve fondarsi, si legge ancora nel documento, “sul ragionamento che è alla base del giudizio clinico, sulla proporzionalità e sulla adeguatezza delle cure secondo il Codice deontologico, in relazione al bilancio fra costi/benefici di ogni pratica clinica, commisurata agli esiti prevedibili di salute”.

Ma i medici sottolineano infine come il diritto ad essere curato debba essere garantito ad ogni essere umano come principio non negoziabile, ed il ricorso a criteri decisionali sia giustificato solo da situazioni di grave emergenza.

“Coloro che non sono trattabili in modo intensivo, ovvero non sono eleggibili ad un trattamento intensivo a causa dell’improbabilità d’ottenere concreti, accettabili e duraturi benefici clinici, sono comunque presi in carico prestando loro le cure appropriate e proporzionate di cui vi sia disponibilità – si specifica nel documento – Il diritto individuale all’eguale accesso alle cure sanitarie deve rimanere il cardine della protezione che lo Stato è tenuto a fornire e che i medici hanno il dovere di garantire quale principio deontologico indissolubile”.

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terapia-intensiva Fonte foto: Ansa
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