Cosa prevede l'accordo sui migranti tra Italia e Albania firmato da Meloni e Rama: l'intervista a Gasparetto
L’accordo tra Italia e Albania sui migranti ha dei precedenti. Cosa prevede e quali sono i dubbi dell'Ue, l'intervista all'esperto Alberto Gasparetto
I dettagli dell’accordo non sono ancora noti, ma l’intesa tra Italia e Albania per la realizzazione di due centri di identificazione per migranti su territorio balcanico tengono banco. Alle polemiche politiche interne si aggiungono le perplessità che arrivano da Bruxelles verso quanto stipulato dai premier Giorgia Meloni ed Edi Rama. Ma cosa prevede, a grandi linee, questo accordo? Quali sono i dubbi dell’Ue? L’intervista ad Alberto Gasparetto, esperto di Scienza politica e Cultura, storia e società dei paesi musulmani all’Università di Padova, ai microfoni di Virgilio Notizie.
I dubbi dell’Ue
“Siamo in contatto con le autorità italiane, dobbiamo vedere i dettagli e abbiamo chiesto all’Italia informazioni più dettagliate”, ha commentato la portavoce della Commissione Ue, Anitta Hipper, che era già intervenuta in merito a un piano analogo a cui aveva lavorato il Governo della Danimarca con il Ruanda, senza arrivare a metterlo in atto.
Come sottolineato da Hipper,”in termini di legge sull’asilo dell’Ue, le richieste vanno fatte sui territori degli Stati membri, che siano al confine o in acque territoriali. C’è un ulteriore elemento che dice anche che agli Stati membri non è preclusa anche l’adozione di misure, a norma del diritto nazionale, per consentire che vengano presentate domande di asilo in Paesi terzi. Tuttavia questo dev’essere fatto senza alcun pregiudizio per la richiesta d’asilo in Ue”.
La firma dell’accordo sui migranti tra Italia e Albania
Cosa prevede l’accordo
Secondo le parole della portavoce dell’esecutivo europeo, quindi, le richieste di asilo potrebbero essere presentate in Albania, nei centri che Roma vorrebbe realizzare con le autorità di Tirana, ma la responsabilità sia delle domande sia di eventuali rimpatri rimarrebbero in capo al Governo italiano.
L’intervista ad Alberto Gasparetto
L’accordo, comunque, ha dei precedenti e potrebbe rappresentare una possibile soluzione alla gestione dei migranti, che rimane un nodo non sciolto a livello europeo, come conferma a Virgilio Notizie Alberto Gasparetto, esperto di Scienza politica e Cultura, storia e società dei paesi musulmani all’Università di Padova, autore di diversi libri tra i quali il recente Polveriera Mediterraneo, curato insieme a Michela Mercuri: “Credo che l’esternalizzazione della gestione delle domande di asilo potrebbe essere una via percorribile, purtroppo. Purtroppo perché sul piatto della bilancia ci due aspetti sui quali si deve trovare un compromesso: da un lato l’esigenza di sicurezza e di difesa dei confini nazionali; dall’altro quello di garantire uno standard minimo di garanzia dei diritti umani di persone che fuggono da guerre, scenari di crisi o da condizioni economiche negative”.
L’Europa attende di conoscere maggiori dettagli sull’accordo tra Roma e Tirana. Cosa potrebbe decidere e cosa rappresenta questa intesa?
“È un tentativo che può essere portato avanti. Potrebbe produrre effetti positivi in termini di contenimento del flusso delle ondate migratorie, anche alla luce di esempi storici precedenti, che si sono registrati proprio nel Mediterraneo”.
L’accordo prevede di fatto un’esternalizzazione del trattamento delle procedure di asilo. C’è un precedente recente, rappresentato dal protocollo siglato dal premier britannico Sunak con l’omologo del Ruanda, che è rimasto al palo: quali sono gli esempi storici ai quali faceva riferimento?
“Per esempio si può ricordare l’accordo tra l’Italia, ai tempi del Governo Berlusconi, e la Libia di Gheddafi. Certamente, una volta sovvertito il regime di Gheddafi e con la situazione di anarchia che ne è seguita, ci sono state ricadute pesanti in termini di emigrazione dalle coste libiche. L’altro esempio storico recente e sotto gli occhi è rappresentato dall’accordo tra la stessa Ue e la Turchia, nella primavera del 2016”, spiega Gasparetto, autore anche di La Turchia di Erdogan e le sfide del Medio Oriente. Iran, Iraq, Israele e Siria (Carocci, 2017).
Cosa rappresentano questi accordi internazionali o bilaterali?
“Sono tentativi messi in atto per contenere i flussi migratori e in parte riescono negli intenti, sacrificando appunto una parte dei diritti umani dei migranti stessi. L’Europa, infatti, da un lato si batte per la loro difesa, ma dall’altro accetta questo tipo di compromesso”.
La Commissione Ue al momento ha sottolineato che il piano italiano sembra diverso da quello del Regno Unito con il Ruanda. Il nodo resta l’eventuale violazione delle leggi internazionali, contestata proprio all’accordo britannico. Ma a che punto è l’Europa nel tentativo di trovare una soluzione comunitaria?
“Purtroppo non si trova una posizione comune perché l’Europa non si è mai realmente evoluta in una vera e propria unione politica: è un’unione economica che ha avuto successo, da questo punto di vista, con la liberalizzazione dei visti, la circolazione delle merci e dei capitali, dei servizi e delle persone, ma sulle questioni di cosiddetta High Politics, come la sicurezza, ogni Paese protegge i propri confini e interessi. A pagare le conseguenze di questa situazione sono i Paesi ai confini con le rotte migratorie, che si affacciano sul Mediterraneo o sono più vicini al Medio Oriente”.
Quali sono, dunque, le prospettive future? La questione migratoria è una miccia della “polveriera mediterranea”?
“Credo che sia una situazione difficile da superare, almeno nell’immediato. Lo hanno capito sia il presidente turco, Erdogan, sia quello russo Putin o il leader tunisino Sayed. Lo stesso si può dire per gli altri capi dei governi del Nord Africa, per questo urge una soluzione”.