Coronavirus, un terzo dei guariti "non è immune": lo studio

L’immunità da coronavirus è uno dei temi più dibattuti negli ultimi tempi. Sono in molti a chiedersi se esiste la possibilità di un secondo contagio e la risposta arriva da uno studio della Fudan University. La ricerca, pubblicata sul South China Morning Post e ripresa da GreenStyle, è stata effettuata su 175 pazienti ritenuti non più affetti dal Covid-19 e dimessi dallo Shanghai Public Health Clinical Centre.

Coronavirus, l’immunità nei guariti: i risultati della ricerca

Analizzando i livelli di anticorpi presenti nell’organismo dei pazienti guariti, è emerso che un terzo di loro aveva sviluppato una resistenza piuttosto blanda al coronavirus.

Su alcuni di essi, inoltre, non vi era nessuna traccia di immunizzazione al virus: “Se questi pazienti siano ad alto rischio di ricaduta e re-infezione dovrebbe essere oggetto di ulteriori studi”, hanno dichiarato gli esperti.

Lo scarso sviluppo di anticorpi, hanno sottolineato i ricercatori della Fudan University, riguarda soprattutto i giovani tra i 15 e i 39 anni. Al contrario, nella fascia d’età tra i 60 e gli 85 anni i livelli di anticorpi erano più alti.

Coronavirus, pochi anticorpi nei guariti: le problematiche

Dai risultati della ricerca, secondo gli scienziati, si evince che i bassi livelli di anticorpi per determinate fasce di popolazione impedirebbe lo sviluppo di una “immunità di gregge” e quindi uno stop all’epidemia.

Lo studio cinese inoltre, come riporta Dagospia, ha rilevato che dieci pazienti su 175 avevano “zero anticorpi” o “un numero talmente basso da non risultare dalle analisi di laboratorio”.

Così, la difficoltà nello sviluppare anticorpi potrebbe risultare problematica anche nella messa a punto di un vaccino. Infatti, se una dose reale di virus non è riuscita a far sviluppare gli anticorpi, potrebbe non riuscirci nemmeno una versione “indebolita” inoculata a scopi di ricerca.

Fonte foto: Ansa