Coronavirus, rischio seconda ondata già ad agosto: parla Crisanti
Per Crisanti i dati italiani rispetto a quelli europei sono "strani" e lancia l'allarme: la seconda ondata prevista in autunno potrebbe arrivare prima
Alcuni Paesi, tra cui la Spagna, stanno registrando grandi numeri relativamente ai contagi. L’Italia, invece, registra meno casi di tutti rispetto al resto d’Europa. Tutto questo non convince Andrea Crisanti, professore di microbiologia all’Università di Padova e volto noto dell’emergenza coronavirus in Veneto. Al Messaggero, l’esperto ha detto che guardando i numeri delle nazioni vicine a noi, “viene da pensare che avremo problemi non a ottobre-novembre, ma già alla fine di agosto“.
I dati italiani non convincono il professore: “Abbiamo molti casi in meno degli altri Paesi europei, forse non stiamo effettuando i tamponi alle persone giuste. Ma non voglio per forza essere pessimista, magari siamo più bravi nell’isolare i focolai. Comunque anche i nostri 275 casi (bollettino del 25 luglio, ndr) non sono pochi”.
Crisanti spiega come difendersi da chi arriva da fuori
Secondo Crisanti adesso è il momento di “fare un investimento importante per organizzare una reale macchina della prevenzione”. In sostanza tamponi alle frontiere e tracciamento di chi entra in Italia, “magari concentrandoci su chi arriva da aree a rischio. Io penso ai tamponi molecolari più affidabili, anche se c’è da aspettare 24 ore”.
“D’altra parte due sono le cose – aggiunge -: o ti chiudi dentro una bolla, ma è impossibile, oppure fai un investimento senza precedenti sull’informatica e sui macchinari per fare tamponi, bisogna investire su qualsiasi tecnologia che permetta di identificare chi arriva con il virus”.
Come farlo capire a chi transita? “Al passeggero – ha suggerito – semplicemente si dice che deve aspettare, in un hotel, l’esito dell’esame”.
Perché altri Paesi hanno numeri più grandi secondo Crisanti
Crisanti spiega poi il perché della divergenza nei numeri dei contagi tra i vari Paesi: “Ci sono vari motivi. Per esempio, una diversa densità della popolazione. In aree in cui c’è alta densità il virus corre e si espande prima, in altre impiega più tempo”.
Guardando i dati, comunque, l’Italia sembra che stia facendo meglio di altri: “Ammesso, però, che stiamo testando le persone giuste. Se stiamo facendo qualcosa di buono, sarebbe meglio capirlo, studiarlo e incamerare questa esperienza”.