Coronavirus: in Italia il ceppo giunto dalla Germania, lo studio
Secondo una nuova ricerca il coronavirus circolato in Italia da febbraio sarebbe prevalentemente ascrivibile al ceppo importato dalla Germania
Una nuova analisi realizzata da un’equipe dell’Università Statale di Milano ha cercato di fare ulteriore chiarezza sull’esplosione dei contagi in Italia e sulla relativa diffusione del coronavirus nei mesi scorsi. Come riporta il Corriere della Sera, lo studio ha indagato sui 59 nuovi genomi virali ottenuti da pazienti italiani dai primi giorni della manifestazione dell’epidemia fino alla seconda metà di aprile, quando la curva epidemica ha iniziato a rallentare. I risultati ottenuti confermano i dati di un precedente studio del medesimo team di lavoro che aveva sostenuto che il ceppo “italiano” del virus proveniva dalla Germania, in riferimento al ‘famoso’ “paziente 1” tedesco che aveva avuto contatti con una persona proveniente da Shangai.
Secondo quanto emerso dall’indagine, in Italia ci sarebbe la netta prevalenza di un singolo lignaggio virale (da cui ne sono poi scaturiti i ‘discendenti’), ascrivibile al lignaggio B1 e correlabile al primo cluster Europeo, che si è verificato in Germania attorno al 20 gennaio.
In terra tedesca il virus sarebbe arrivato dalla documentata importazione di un ceppo circolante a Shanghai. La nuova ricerca è frutto della collaborazione tra il Laboratorio di Malattie Infettive dell’Università Statale di Milano e più di 10 tra Centri Clinici e Università del Centro e Nord Italia (tra cui Bergamo, Brescia, Cremona, Milano, Padova, Ancona, Siena).
Sempre come riporta il Corriere della Sera, un po’ misteriosamente, un solo lignaggio isolato, ottenuto da un paziente italiano residente in Veneto che non ha riferito viaggi o contatti con persone provenienti dalla Cina, si è rivelato appartenere invece al lignaggio ancestrale B, simile quindi a quello isolato in Italia alla fine di gennaio per diretta importazione dalla città di Wuhan con i due turisti cinesi poi assistiti allo Spallanzani.
La divergenza tra gli isolati B1 è risultata relativamente modesta. Tutti i genomi «italiani» mostrano la mutazione 614G nella proteina Spike, che caratterizza ormai la gran parte dei genomi virali isolati in Europa e al mondo, non solo quelli del ceppo B1 ma anche l’unico appartenente al ceppo B, e che sarebbe responsabile della maggior contagiosità dell’agente patogeno.
Gli studiosi da più parti hanno notato che questa mutazione ha avuto l’effetto di far salire considerevolmente il numero di picchi (spike) “funzionali” (che possono penetrare nelle cellule) sulla superficie del virus, con l’effetto che ogni particella virale con questa mutazione ha una maggiore capacità di infettare le cellule bersaglio.
Una ricerca ha anche portato alla luce che la mutazione è quasi 10 volte più contagiosa in un ambiente di laboratorio rispetto ad altri ceppi.
Le analisi genomiche, disponibili grazie alla volontà dei ricercatori di tutto il mondo di caricare i propri dati in un database comune, mostrano che questa varietà è diventata quella dominante dopo l’avvio in Cina dell’epidemia e potrebbe spiegare perché il coronavirus si è diffuso così velocemente e ampiamente in Europa, Stati Uniti e America Latina.