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Coronavirus, quanto dura l'incubazione: emergono nuovi dati

La quarantena standard dura 14 giorni, ma potrebbe non bastare

Di: VirgilioNotizie | Pubblicato:

La prima difesa per fronteggiare il coronavirus è la quarantena. La tempistica standard è di 14 giorni, anche se il periodo di incubazione del COVID-19 è ufficialmente di 5,2 giorni. Il problema, però, è che si sono registrate delle eccezioni. Ed è anche per questo che l’Oms ha indicato in due settimane i giorni da passare in isolamento.

La media di incubazione varia sempre a seconda degli studi: secondo l’Oms si va dai 2 a 10 giorni, mentre per la National Health Commission cinese si concentra dai 10 ai 14. Meno ottimisti i CDC degli Stati Uniti: dai 2 ai 14 giorni. C’è però un caso che ha allarmato, e non poco, gli operatori sanitari. Nella provincia di Hubei, il 22 febbraio, un paziente ha presentato un periodo di incubazione di 27 giorni. A riferirlo, un quotidiano locale: la persona contagiata sarebbe un uomo di 70 anni che avrebbe sviluppato i sintomi il 19 febbraio dopo un unico incontro con la sorella vvenuto il 25 gennaio.

C’è poi un altro caso, individuato in uno studio Jama pubblicato il 21 febbraio, in cui è stato osservato un periodo di incubazione di 19 giorni. Come è possibile che le tempistiche siano così estese rispetto a quelle standard? L’Oms afferma che tali eccezioni possano essere doppie esposizioni all’infezione.

“Sì, c’è il sospetto che il periodo dell’incubazione in alcuni casi abbia superato i 14 giorni ipotizzati. E comunque ormai è evidente che il 5% dei contagi può partire da un asintomatico”, ha dichiarato al ‘Messaggero’ Walter Ricciardi, membro del Consiglio Esecutivo dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms). “Proprio perché sono casi rari, penso che non sia opportuno rendere più lungo il periodo di quarantena”.

Coronavirus, dopo il primo contagio non si sviluppa l’immunità

L’Oms spiega i diversi tempi di incubazione con la teoria della doppia esposizione. Teoria che, di conseguenza, indica come non tutte le persone contagiate riescano a sviluppare poi un’immunità al coronavirus. I pazienti vengono dimessi quando i sintomi spariscono, la febbre scompare e i test risultano negativi per almeno due volte a distanza di 24 ore.

Ciò, però, non garantisce l’immunità persistente, ovvero la certa impossibilità di episodi di malattia successivi al primo. Solitamente, infatti, dopo un’infezione da virus vengono prodotti anticorpi con effetto protettivo. Tuttavia questi anticorpi potrebbero non durare così a lungo e i guariti potrebbero essere ancora a rischio di infezione. Senza dimenticare il rischio di possibili mutazioni.

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