Coronavirus, cosa succede al fegato: nuovo studio italiano

I danni al fegato dovuti al coronavirus sono stati analizzati in un maxi studio italo-statunitense: cosa è emerso

Di: VirgilioNotizie | Pubblicato:

Nuova scoperta sul coronavirus da parte dei ricercatori dell’università americana di Yale e dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. “Per la prima volta al mondo” è stato dimostrato come il coronavirus pandemico attacca il fegato. Ad annunciarlo è l’Asst bergamasca, che riporta i risultati di un lavoro pubblicato sul “Journal of Hepatology”.

Gli studiosi del “Papa Giovanni” hanno analizzato dati e radiografie di 43 pazienti deceduti a Bergamo per Covid nella primavera del 2020: “Si tratta al momento del primo studio mai pubblicato su modello animale che coinvolge il più grande campione numerico di tessuti umani provenienti da pazienti deceduti per infezione da Covid-19″, hanno spiegato gli esperti. È noto ormai che il coronavirus colpisca diversi organi dell’organismo ma finora non erano mai stati analizzati così tanti tessuti.

Coronavirus, come attacca il fegato: il nuovo studio

Gli studiosi italo-statunitensi hanno scoperto come il processo patologico all’origine del danno epatico associato a forme gravi e mortali di Covid-19 sia “un’alterazione della vascolarizzazione dovuta all’eccessiva produzione dell’interleuchina IL-6, una citochina che regola la risposta immunitaria dell’organismo”

Quando la sua produzione è sregolata ed eccessiva, l’IL-6 può portare a stati infiammatori anomali e nel caso di Covid-19, questa cosiddetta “tempesta citochinica” porta allo stato infiammatorio (endoteliopatia) e alla coagulazione del sangue all’interno dei vasi epatici.

Possibili cure per i danni al fegato: la scoperta

Aurelio Sonzogni, dell’Anatomia patologica dell’Asst Papa Giovanni XXIII, ha anticipato anche quali potrebbero essere l possibili cure per i danni al fegato: “Abbiamo rilevato l’azione inibitoria da parte dell’inibitore naturale gp130, del farmaco ruxolitinib che era stato somministrato in alcuni di questi pazienti, e di particolari anticorpi. Abbiamo trasmesso questa successione di dati e questo modello ai colleghi di Yale, che lo hanno sottoposto a verifica in laboratorio, ottenendo una conferma di quanto abbiamo ipotizzato”.

“Dal Papa Giovanni arriva ancora una volta un contributo allo sforzo collettivo della comunità scientifica internazionale per conoscere e quindi combattere in maniera efficace questa malattia – ha commentato Fabio Pezzoli, direttore sanitario dell’Asst Papa Giovanni XXIII – Ringrazio i nostri professionisti per il rigore scientifico e la serietà con cui stanno affrontando la sfida rappresentata da questo nuovo virus”.

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