Coronavirus, qual è l'età media delle vittime: i dati
Lo studio dell'Istituto superiore di sanità sulle persone decedute positive al coronavirus
L’età media dei pazienti deceduti risultati positivi al coronavirus in Italia è 81 anni, oltre due terzi dei casi hanno tre o più patologie preesistenti. E solo un quarto sono donne. Sono questi i risultati, diffusi dall’Ansa, di un’analisi condotta dall’Istituto Superiore di Sanità su 105 pazienti italiani deceduti al 4 marzo.
Il report riguarda 73 pazienti deceduti in Lombardia, 21 in Emilia Romagna, 7 in Veneto e 3 nelle Marche. L’età media dei pazienti presi in esame è 81 anni, 20 anni in più rispetto alla media dei pazienti positivi al COVID-19.
Le vittime sono in maggioranza uomini, le donne sono il 26.7% ma hanno un’età più alta rispetto agli uomini (83.4 contro 79.9). Quasi la metà dei decessi, il 42,2%, si è avuta nella fascia di età tra 80 e 89 anni, mentre il 32.4% erano tra 70 e 79, 14.1% sopra i 90 anni, 8.4% tra 60 e 69, 2.8% tra 50 e 59.
Il numero medio di patologie osservate in questo campione è di 3.4. Quasi tutti avevano dei problemi di salute, con più dei due terzi, il 67.2%, con 3 o più patologie. Tra le più presenti l’ipertensione (74,6%) e la cardiopatia ischemica (70,4%), seguiti dal diabete mellito (33,8%).
“Questi dati confermano le osservazioni fatte fino a questo momento nel resto del mondo”, ha dichiarato all’Ansa il presidente dell’Iss Silvio Brusaferro, “in particolare sul fatto che gli anziani e le persone con patologie preesistenti sono più a rischio. Persone molto fragili, che spesso vivono a stretto contatto e che dobbiamo proteggere il più possibile”.
Durante la conferenza stampa alla Protezione civile, il presidente dell’Istituto superiore di sanità ha parlato anche del caso della Corea del Sud che, con un’età media e un’aspettativa di vita molto simili all’Italia, ha meno di un quarto dei morti per coronavirus rispetto al nostro Paese, pur avendo duemila contagiati in più.
Rispondendo ad una domanda in merito, Brusaferro ha detto di non essere in grado di dare una lettura, “dovremmo leggere esattamente chi sono le persone affette e in quale comunità si diffonde il virus“.
“È difficile – ha spiegato – fare comparazioni semplicemente su numeri assoluti, stiamo acquisendo i dati anche sulle caratteristiche cliniche dei pazienti, anche di quelli con patologie, e in base a quelli potremo poi anche fare comparazioni. Siamo in contatto con gli organismi internazionali anche su questo”.