Coronavirus, le Regioni più a rischio nella fase 2: lo studio
L'esperto: "In quelle zone si concentra l'80% della popolazione che dal 4 maggio tornerà al lavoro"
Mentre tutto il Paese pensa all’imminente inizio della fase 2, la Fondazione Gimbe ha condotto uno studio che sottolinea come Piemonte, Lombardia, Liguria e Trentino siano Regioni ancora a rischio. Lì, infatti, i dati non sarebbero stabili. Il problema, hanno commentato gli esperti ripresi dal Corriere della Sera, è che “in quelle zone si concentra l’80% della popolazione che dal 4 maggio tornerà al lavoro”.
Cosa significa questo? Che la riapertura di tante attività, tutte insieme, potrebbe comportare tanti passi indietro nella lotta al coronavirus.
Secondo il report della Fondazione Gimbe “dei 4,5 milioni di persone che torneranno al lavoro, la maggior parte si concentra dove l’epidemia è meno sotto controllo”.
Lo studio ha analizzato la curva del contagio tra il 22 e il 29 aprile: è emerso che i casi sono cresciuti dell’8,7%, i decessi del 10,4%. I dati positivi arrivano dai ricoverati con sintomi (-19,3%) e quelli in terapia intensiva (-24,7%).
Nino Cartabellotta, della Fondazione Gimbe, al Corriere della Sera ha detto che a pochi giorni dalla fase 2 “il monitoraggio documenta un alleggerimento del carico degli ospedali, ma sul fronte di contagi e decessi il numero dei nuovi casi non ha raggiunto la stabilizzazione propedeutica alla ripartenza secondo le raccomandazioni della Commissione Europea“.
In sostanza Piemonte, Liguria, Lombardia e Trentino non possono oggi dirsi fuori dalla fase 1: soprattutto le prime due Regioni (rispettivamente +13,7% e +14%) registrano incrementi di casi al di sopra della media nazionale (+8,7%).
Di contro, al Sud la situazione è decisamente meno a rischio.
“Occorre essere consapevoli – ha spiegato Cartabellotta – che l’eventuale risalita della curva dei contagi sarà visibile non prima di due settimane“.