Coronavirus, "potrebbe diventare un raffreddore": parla Clementi
Il professore: "Il dato più importante da tenere sotto controllo è quello della terapia intensiva"
“Un virus nuovo è sempre molto aggressivo nelle prime fasi, poi impara a convivere con l’ospite per sopravvivere: se lo uccide non ha possibilità di replicarsi. Ci aspettiamo che questo nuovo coronavirus possa pian piano diventare innocuo, come i suoi ‘cugini’ responsabili del raffreddore“. Così Massimo Clementi, direttore del laboratorio di microbiologia e virologia dell’ospedale San Raffaele di Milano, in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera un paio di giorni fa. Pensiero ribadito anche giovedì 7 maggio, ai microfoni di La7.
“Se sono sicuro che possa diventare come un raffreddore? Sì – ha detto -, il coronavirus ha perso la sua potenza“.
Il professore ha aggiunto che “questa osservazione arriva in primo luogo dall’analisi del profilo clinico della malattia, che è mutato“.
Clementi, a sostegno della sua tesi, ha fatto ricorso ai numeri: “A inizio emergenza arrivavano 100 persone al pronto soccorso, la maggior parte finiva in terapia intensiva“.
Perché il numero dei morti, però, resta comunque alto? “Un conto è la mortalità – ha risposto -, un conto è il dato della terapia intensiva che vede i ricoveri in diminuzione”. Secondo Clementi è quella “la cartina tornasole che testimonierebbe la perdita di potenza del Sars-CoV-2“.
“La malattia si è modificata o si sta modificando – ha aggiunto -. Ci siamo chiesti: ‘Quali sono i fattori che hanno portato a questo?’. Magari le terapie efficaci“.
Quanto di questo cambiamento dipende dal virus? “È noto – ha specificato Clementi – che i virus sono molto più cattivi quando arrivano per la prima volta all’uomo: è successo quando gli spagnoli sono arrivati nel Centroamerica, portando infezioni ai nativi. È successo più tardi nel ‘600, nelle isole del Pacifico”.
In chiusura, il professore ha ricordato che “conosciamo altri 6 coronavirus umani, 4 ci infettano da sempre”. Quello con cui abbiamo a che fare da qualche mese “potrebbe, se continua così, modificare il suo profilo clinico di rischio e adattarsi all’ospite, cambiando geneticamente”. Causando, magari un giorno, solamente un raffreddore.