Coronavirus, dove è più presente: lo studio sull'aria
Uno studio dell'Arpa Piemonte ha registrato concentrazioni più alte di coronavirus nelle case che negli ospedali e la quasi assenza all'aperto
Un sistema per rilevare la concentrazione di Sars-CoV-2 negli ambienti che potrebbe dare un contributo sostanziale alle future misure di contrasto alla pandemia. Arpa Piemonte, con il laboratorio di ricerca antivirale di San Luigi Gonzaga di Orbassano, ha messo a punto un metodo, riportato da Repubblica, per certificare la presenza di coronavirus nell’aria.
Il direttore generale dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale del Piemonte, Angelo Robotto, ha mostrato i risultati dello studio multidisciplinare durato otto mesi, al termine del quale è stato realizzato un protocollo che definisce “riproducibile e validabile”.
Il sistema è già stato testato all’interno e all’esterno di reparti Covid degli ospedali, all’aperto nelle vie del centro di Torino, ma anche nelle case private.
Dalle prime conclusioni emerge come negli ambienti esterni la presenza di particelle di Sars-CoV-2 nell’aria non sia abbastanza significativa da poter essere rilevata.
Ma anche all’interno dei reparti che ospitano pazienti con elevate cariche virali, la concentrazione del virus è risultata molto contenuta. Nel caso specifico, il motivo si può rintracciare nel fatto che negli ambienti sanitari il “tasso di ricambio dell’aria realizzato nelle aree” Covid è alto perché l’apertura delle finestre può avvenire 6-8 volte ogni ora.
Molto più elevata, invece, la presenza del Sars-CoV-2 nelle abitazioni private. “Fino a 40/50 di coppie genomiche del virus per metro cubo d’aria“, come si legge nel report Arpa.
“Questi valori – viene specificato – risultano fortemente influenzabili dalle frequenze di ricambio d’aria e dal numero di soggetti positivi presenti nelle abitazioni, oltreché dallo sviluppo dei sintomi più comuni della malattia come la tosse secca“.