Come funziona davvero il salario minimo, dai contratti collettivi al lavoro nero: intervista a Chiara Saraceno
Scontro Governo-opposizione sul salario minimo, ma come funziona davvero? Dai contratti collettivi al lavoro nero, intervista a Chiara Saraceno
La proposta di legge sul salario minimo continua a tenere banco. Dopo il via libera della Camera alla delega al Governo, ora il testo passa al Senato, tra le proteste dell’opposizione, che nel frattempo ha ritirato la firma del provvedimento. Il testo, presentato mesi fa, prevedeva l’introduzione di un salario minimo di 9 euro lordi all’ora, ma secondo l’Esecutivo non è urgente. Come spiegato dalla premier, Giorgia Meloni, occorrerebbe piuttosto intervenire sui contratti collettivi nazionali. Il commento di Chiara Saraceno, sociologa e professoressa emerita dell’Università di Torino, ai microfoni di Virgilio Notizie.
Il voto sulla delega al Governo
Mercoledì 6 dicembre la Camera ha votato la delega al Governo che di fatto ha stoppato la legge sul salario minimo proposta dall’opposizione.
I deputati a favore sono stati 153, i contrari 118 (3 gli astenuti). Ora il testo è atteso al Senato.
La protesta dell’opposizione durante la votazione alla Camera
La bagarre in Aula
Prima e durante il voto, alla Camera è stata bagarre.
Alcuni esponenti dell’opposizione – tra cui l’ex premier Giuseppe Conte – hanno urlato in coro “vergogna, vergogna”, esponendo cartelli sulla questione.
La segretaria del Pd Elly Schlein, ripresa dall’Ansa, ha aggiunto che il Governo “ha affossato il salario minimo, l’hanno svuotato e fatto diventare un’altra cosa”, in un modo che “ci offende”. Ma “noi andremo avanti e insieme alle altre opposizioni decideremo come portare avanti” il salario minimo.
L’intervista a Chiara Saraceno
“Intanto va detto che si sta parlando di cifre molto basse: i 9 euro sono lordi, quindi al netto si aggirano intorno ai 7-8 euro all’ora. Proprio per il fatto che si parla di cifre così esigue, è piuttosto incomprensibile la resistenza del Governo a istituirlo: credo che possa essere un intervento utile, a prescindere dal colore politico”, dichiara la sociologa Chiara Saraceno – autrice, tra gli altri, di La povertà in Italia. Soggetti, meccanismi, politiche – a Virgilio Notizie.
L’Istat ha stimato che “i rapporti con retribuzione oraria inferiore ai 9 euro lordi coinvolgono circa 3 milioni di lavoratori”. Secondo il rapporto dell’Inps dello scorso settembre, invece, i lavoratori che non supererebbero la soglia della retribuzione minima sarebbero solo 20 mila. A prescindere dalla differenza numerica, perché se ne discute tanto?
“Una prima riflessione è semplice: se i destinatari sono pochi, perché non offrire loro una protezione in più? In realtà si può comprendere la perplessità del sindacato, che in passato puntava i propri sforzi sull’aumento del potere contrattuale dei lavoratori. Però nei fatti si è visto che sono stati firmati anche contratti inaccettabili, tanto da finire nei tribunali”.
Lo stesso rilievo, però, è stato mosso anche dal Governo. La premier Meloni ha ricordato come esistano contratti collettivi nazionali che hanno un minimo salariale che è persino più basso delle soglie ipotizzate di salario minimo orario. Cosa ne pensa?
“Infatti è così. Per questo è importante ribadire che al di sotto di un certo livello retributivo nessun rapporto di lavoro legale dovrebbe essere accettabile. In un dibattito tv nel quale ci siamo confrontati proprio su questo aspetto, il segretario nazionale della Cgil. Maurizio Landini, ha motivato la situazione spiegando che si tratta di settori nei quali il sindacato è debolissimo. I parametri, dunque, sono molto bassi, ma almeno esistono”.
Quindi si tratta di una presa di coscienza di situazioni critiche?
“Da un certo punto di vista sì, perché il sindacato non è forte in tutti gli ambiti lavorativi, questo è innegabile. La conseguenza è che non si può affidare tutto al sindacato, soprattutto oggi che anche all’interno di una stessa azienda ci possono essere contratti molto differenti tra loro: a tempo determinato, indeterminato o in&out, con alcuni lavoratori contrattualizzati da aziende appaltatrici. È evidente che il sindacato non riesce o non è più in grado di inseguire tutte le situazioni”.
Per questo occorrerebbe una tutela offerta dallo Stato?
“Io penso di sì, perché la Costituzione indica in modo chiaro la necessità di una retribuzione garantita”.
Proprio alla Costituzione ha fatto riferimento anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nell’indicare l’urgenza di offrire un salario dignitoso. Qualcuno preferisce questo termine, mentre il Governo parla di salario equo: che differenze ci sono?
“A me sembra che nei fatti non ci sia differenza: va benissimo chiamarlo come si vuole. La questione, invece, è un’altra: c’è una soglia al di sotto della quale un compenso orario non è degno o equo? Per parlare di equità occorre indicare qual è il criterio con cui la si definisce. Io penso che sia proprio un livello minimo al di sotto del quale un contratto legale non possa andare. Negli altri Paesi non si gioca con le parole, ma si guarda alla sostanza”.
A questo proposito, come funziona all’estero? Esistono esempi che si possano prendere a modello anche in Italia?
“Sicuramente c’è l’esempio della Germania, dove ho vissuto e ho potuto constatare che il salario minimo esiste e funziona. Loro hanno iniziato prima con alcuni settori nei quali il sindacato, per diversi motivi anche legati alla realtà tedesca, era più debole, come le poste e i servizi alla persona. Questi ultimi, però, sono ambiti lavorativi delicati anche in Italia, nei quali si dovrebbe intervenire”.
Chi si oppone al salario minimo teme che possa incentivare il lavoro nero. È un rischio?
“In Italia sono molte le condizioni che possono favorire il lavoro nero. Per contrastarlo, però, occorrerebbero soprattutto maggiori controlli, sia da parte dello Stato con le sue varie articolazioni territoriali, sia da parte del mondo produttivo. Lo sanno bene le aziende che rispettano le norme e offrono lavoro remunerazioni adeguate, ma che spesso si trovano a dover fare i conti con una concorrenza sleale. Il problema è particolarmente sentito nell’ambito della ristorazione e dei servizi nel settore turistico”.
Quindi il salario minimo non potrebbe incentivare ulteriormente questo problema?
“Non penso, a meno che non si fissi il salario minimo a livello eccessivamente alti. Piuttosto, credo sia una condizione tipica del nostro Paese, come dimostra il fatto che lì dove il salario minimo è in vigore non necessariamente ci sono problemi di lavoro nero come da noi”.