Claudio Pinti disperato in carcere: "Sto morendo, nessuno mi cura". Sciopero della fame per l'untore con l'Hiv
Claudio Pinti, l'untore dell'Hiv, avvia lo sciopero della fame per poter ottenere i domiciliari e curarsi. "Sto morendo, nessuno mi cura", dice
Claudio Pinti, condannato per contagiato con l’Hiv due donne, denuncia di non essere curato in carcere. “Ho l’Aids conclamato e un sarcoma. Potermi curare è un mio diritto”, ha detto. Dopo la dichiarazione, ha dato il via a una sciopero della fame per ottenere gli arresti domiciliari.
L’appello di Claudio Pinti
Claudio Pinti ha 40 anni e un sarcoma causato dall’insorgenza dell’Aids. L’uomo, che è in carcere con l’accusa di aver contagiato volontariamente le due compagne con l’Hiv, denuncia di non ricevere cure.
L’ultima visita medica, secondo quanto afferma l’avvocato Massimo Rao, “è avvenuta due anni fa e da più di un anno è mezzo combattiamo per consentire gli arresti domiciliari”.
Claudio Pinti: via allo sciopero della fame per uscire dal carcere e curarsi
Per ottenere i domiciliari ed essere curato, Pinti ha dato il via a uno sciopero della fama e della sete dalla sua cella di Rebibbia.
Sciopero della fame per i domiciliari
Anche se Pinti ha sempre dichiarato di non essere un “untore seriale”, ha accettato la condanna e dice di voler essere curato a casa.
Le condizioni di salute non sono adatte al carcere, spiega ancora l’avvocato, secondo il quale ci sono delle perizie d’ufficio che confermano i domiciliari.
La Procura infatti si era espressa in favore dei domiciliari per il 40enne, ma da un anno e mezzo proseguono rinvii all’ok definitivo.
La storia dell’untore seriale
Intorno al 2017-2018, la storia di Claudio Pinti è finita in molti salotti televisivi. Spaventava infatti la possibilità che avesse volontariamente contagiato la sua ex compagna, Giovanna Gorini poi deceduta e la nuova fidanzata, che non aveva informato dello stato di salute.
Pinti ha sempre dichiarato che Gorini sapesse la verità, mentre scarica la colpa sulla nuova compagna perché dice “voleva rapporti non protetti”. Secondo l’uomo “hanno sottovalutato le conseguenze della malattia”, perché si sentiva bene.
I giudici non hanno creduto alla storia di PInti e lo hanno condannato a scontare una lunga pena di 16 anni. Al momento gli restano oltre 10 anni.