Chi è Mohammad Bin Salman principe dell'Arabia Saudita, i lati oscuri da Khashoggi alle impiccagioni
Riformatore controverso, negli anni Mohammad Bin Salman ha ricevuto condanne unanimi dall'Occidente. Chi è davvero il principe dell'Arabia Saudita
Nelle ultime ore, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni è stata impegnata in un viaggio ad Al-Ula, in Arabia Saudita, per un incontro con il primo ministro Mohammad Bin Salman durante il quale sono stati discussi i principali dossier internazionali ed è stato siglato un paternariato strategico del valore di 10 miliardi di dollari. Presentato spesso come un riformatore audace e visionario, Bin Salman è stato associato a episodi che hanno provocato la condanna unanime dell’occidente e che testimoniano la continua violazione dei diritti umani nel Paese. Ma chi è veramente il principe saudita con cui buona parte dell’Europa – non solo l’Italia – continua a collaborare?
- Chi è Mohammad Bin Salman, il riformatore controverso
- L'assassinio di Jamal Khashoggi
- Il ricorso alla pena di morte in Arabia Saudita
Chi è Mohammad Bin Salman, il riformatore controverso
Nel 2016, Mohammad Bin Salman ha lanciato “Vision 2030”, un ambizioso piano per trasformare l’economia saudita e diversificarla dalla dipendenza dal petrolio.
Il progetto include iniziative per attrarre investimenti esteri, sviluppare settori come il turismo e l’intrattenimento, e promuovere l’uso delle tecnologie avanzate. Tra i progetti simbolo, spicca Neom, una futuristica città intelligente nel deserto, che promette innovazioni rivoluzionarie in vari campi.
Fonte foto: ANSA
Sul piano sociale, il regno ha assistito a riforme significative, come il permesso alle donne di guidare, la riapertura di cinema e la possibilità di partecipare a eventi pubblici misti.
Questi cambiamenti hanno portato a un plauso internazionale nei confronti di Bin Salman, proiettandolo come un leader modernizzatore. Le luci della ribalta, tuttavia, rischiano di oscurare alcuni lati inquietanti del suo regime.
L’assassinio di Jamal Khashoggi
Il 2 ottobre 2018, il giornalista saudita Jamal Khashoggi entrò nel consolato saudita di Istanbul, in Turchia, per non uscirne mai più. Secondo le ricostruzioni successive, l’uomo venne ucciso e smembrato da un team di agenti sauditi.
Rapporti dell’intelligence statunitense hanno indicato un coinvolgimento diretto o indiretto di Bin Salman nell’operazione, muovendo accuse che il principe ha sempre negato.
L’omicidio ha scatenato una condanna globale, con richieste di giustizia che hanno messo sotto pressione le relazioni diplomatiche tra l’Arabia Saudita e i Paesi occidentali, senza tuttavia impedire che la priorità nei confronti degli interessi economici prevalesse su tutto il resto.
Il ricorso alla pena di morte in Arabia Saudita
Dietro la facciata delle riforme, in Arabia Saudita continua a celarsi un rigido sistema di repressione. Negli ultimi anni, il Paese ha intensificato gli arresti di dissidenti, attivisti per i diritti umani e membri della stessa famiglia reale.
Non solo. Particolarmente allarmante è il ricorso alla pena di morte: le esecuzioni sono aumentate significativamente sotto la leadership di Bin Salman, spesso eseguite tramite impiccagione.
Dal 2015, l’anno in cui MBS ha assunto di fatto il potere, ci sono state almeno 1257 impiccagioni, 140 all’anno di media.
Secondo Amnesty International, nei soli primi nove mesi del 2024 le autorità saudite hanno superato anche il macabro record delle 196 morti del 2022: le 198 esecuzioni da gennaio a settembre, infatti, hanno rappresentato il numero più alto mai registrato dal 1990.
