Caso Djokovic, la sua confessione: "Documenti sbagliati e quarantena violata da positivo per un'intervista"
Novak Djokovic ha confessato, in un lungo post su Instagram, di aver fornito documenti sbagliati e di aver violato la quarantena da positivo
Mercoledì 12 gennaio Novak Djokovic ha pubblicato un lungo post su Instagram in cui ha risposto alle accuse ricevute a livello mediatico in merito alla sua condotta dopo la diagnosi di positività al Covid, registrata a metà del mese scorso. L’esito del tampone molecolare è arrivato il 16 dicembre, ma il giorno dopo il tennista ha partecipato a un evento in Serbia. Costretto alla quarantena, ha ammesso di averla violata poi per partecipare a un’intervista a ‘L’Equipe’, da positivo. Infine, ha ammesso di aver fornito documenti sbagliati alle autorità australiane al momento del suo arrivo.
Il tennista, che dopo una prima vittoria in tribunale attende ancora la decisione definitiva del governo di Canberra (del ministro dell’Immigrazione, Alex Hawke, che sta valutando) sul visto per restare nel Paese e partecipare agli Australian Open, ha parlato di un “errore umano e certamente non volontario” di un membro del suo staff, precisando che “nuove informazioni” sono state fornite alle autorità australiane per “chiarire questa questione”.
- Il messaggio di Djokovic su Instagram: "Sì, ho dato documenti sbagliati"
- Djokovic confessa: "Ho violato la quarantena da positivo"
- La vicenda: dall'arrivo in Australia all'udienza
Il messaggio di Djokovic su Instagram: “Sì, ho dato documenti sbagliati”
Novak Djokovic ha scritto un post su Instagram in cui ha dichiarato di voler fare chiarezza contro la “disinformazione” che l’avrebbe colpito, sottolineando come le accuse ricevute siano state “molto dolorose” per la sua famiglia.
Per quel che riguarda i documenti forniti al suo ingresso in Australia, Djokovic ha ammesso che contenevano informazioni non corrette: “La mia dichiarazione di viaggio è stata presentata in mia vece dal mio team di supporto, come ho dichiarato ai funzionari dell’immigrazione al mio arrivo (in Australia). Il mio agente si scusa sinceramente per l’errore amministrativo fatto barrando una casella errata in merito ai miei spostamenti prima dell’arrivo in Australia”.
In particolare, le autorità australiane starebbero accertando se Djokovic abbia mentito affermando di non aver viaggiato nei 14 giorni precedenti il suo arrivo in Australia. Nel questionario Covid, infatti, è stato dichiarato che il tennista non aveva viaggiato nei 14 giorni precedenti, mentre in realtà si era recato in Spagna dalla Serbia.
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Djokovic confessa: “Ho violato la quarantena da positivo”
C’è poi il capitolo del test molecolare del 16 dicembre, che ha accertato la sua positività, consentendogli di produrre l’esenzione al vaccino in quanto guarito.
Su Instagram, Djokovic ha sottolineato di essersi “adoperato molto per garantire la sicurezza di tutti e il mio rispetto degli obblighi di test. Ho assistito a una partita di basket a Belgrado il 14 dicembre, dopo di che è stato riferito che un certo numero di persone è risultato positivo al Covid. Nonostante non avessi i sintomi del Covid, il 16 dicembre ho fatto un test antigenico rapido che è risultato negativo e per maggiore cautela lo stesso giorno ho eseguito un test molecolare”.
Ma Djokovic ha ammesso di aver violato la quarantena anche dopo aver scoperto di essere positivo al Covid, recandosi al suo centro di tennis a Belgrado il 18 dicembre per mantenere un “impegno per un’intervista con L’Equipe” perché “si sentiva obbligato” e “non voleva deludere il giornalista”. Il serbo ha sottolineato di aver mantenuto il distanziamento e di aver indossato la mascherina, tranne quando sono state scattate le foto: “Dopo l’intervista, mentre tornavo a casa per isolarmi per il periodo richiesto, ci ho riflettuto e ammetto che questo è stato un errore di giudizio e accetto che avrei dovuto riprogrammare l’impegno”.
“Sebbene ritenessi importante affrontare e chiarire la disinformazione, non farò ulteriori commenti per il massimo rispetto del governo australiano, delle loro autorità e dell’attuale processo. È sempre un onore e un privilegio giocare agli Australian Open. L’Australian Open è molto amato dai giocatori, dai fan e dalla comunità, non solo a Victoria e in Australia, ma in tutto il mondo. E voglio solo avere l’opportunità di competere contro i migliori giocatori ed esibirmi davanti a un pubblico fra i migliori del mondo”.
La vicenda: dall’arrivo in Australia all’udienza
Djokovic è atterrato in Australia nella serata di mercoledì 5 gennaio. Bloccato inizialmente in aeroporto perché non vaccinato, il serbo è stato confinato in un centro di immigrazione dal 6 gennaio.
La documentazione di esenzone dalla vaccinazione fornta dall’atleta non ha convinto le autorità, che hanno proceduto con la mancata concessione del visto e la richiesta di espulsione.
I legali di Djokovic hanno presentato ricorso e lunedì 10 gennaio si è tenuta un’udienza in cui Nick Wood, difensore dell’atleta, ha affermato che il suo assistito ha rispettato tutti i requisiti previsti dalla Legge sulla biosicurezza (“Biosecurity Act”) per l’ingresso in Australia: “Il signor Djokovic ha dichiarato di disporre di una esenzione medica”, ha spiegato l’avvocato, ricordando che le linee guida del Gruppo australiano di consulenza tecnica sull’immunizzazione (Atagi) prevedono la possibilità di “rinviare la vaccinazione contro la Covid-19 di sei mesi per le persone che abbiano ricevuto una diagnosi di positività al Sars-Cov-2 tramite test Pcr”.
L’accusa ha replicato affermando che la versione aggiornata di tali linee guida escludono che l’infezione da Sars-Cov-2 costituisca una controindicazione all’assunzione del vaccino. Il legale di Djokovic ha anche affermato che il suo assistito ha rispettato tutti i requisiti procedurali per l’ingresso nel Paese, presentando la documentazione di esenzione medica – inclusa la diagnosi di Covid-19 datata 16 dicembre – prima e dopo l’arrivo in Australia, e ricevendo un parere positivo dalle autorità dello Stato di Victoria.
Dopodiché Wood ha sottolineato che le autorità australiane hanno sequestrato il telefono dell’atleta al suo arrivo nel Paese il 6 gennaio, rifiutandogli “più tempo per un confronto con i suoi assistenti” nonostante avessero inizialmente fornito al tennista rassicurazioni verbali in tal senso.
Da lunedì, Djokovic è tornato ‘libero’ dopo aver vinto l’appello contro il procedimento di espulsione: il giudice, Anthony Kelly, ne ha ordinato l’immediata scarcerazione definendo “irragionevole” la condotta del governo australiano e riconoscendo come valide le argomentazioni presentate dal legale di Djokovic.
Il governo federale australiano ha già avvertito che la decisione in merito all’espulsione del tennista è competenza delle autorità dell’immigrazione, e che l’espulsione potrebbe essere eseguita a prescindere dal pronunciamento della corte.