Palamara: "Io come il Covid". Le scuse a Salvini e la sua replica
Luca Palamara, ex consigliere del Csm, ha parlato per la prima volta in tv dopo un anno dal suo interrogatorio davanti ai pm di Perugia
Luca Palamara, ex consigliere del Csm, è intervenuto come ospite al programma “Non è l’Arena” di Giletti, su La7. A un anno esatto dall’interrogatorio davanti ai pm di Perugia, si è difeso: “Non sono io il male assoluto. Potrebbe far comodo a qualcuno pensarlo. Sono un uomo delle istituzioni e ho la toga nel cuore”. E ha aggiunto, in riferimento al trojan installato sul suo telefono: “Ho anticipato il Covid: chi ha attuato il distanziamento sociale con me si è salvato”.
Palamara e il mea culpa su Salvini
Palamara ha poi parlato delle chat sul leader della Lega Matteo Salvini in cui aveva scritto “va attaccato”: “Non c’era la volontà di offendere Salvini”. “Ho usato un’espressione impropria – ha precisato – non volevo offenderlo. Ma quella frase non rispecchia fedelmente il pensiero: è decontestualizzata, volevamo tutelare il pm che indagava” sul caso Diciotti.
La replica di Salvini alle scuse di Palamara
Matteo Salvini ha commentato le parole di Palamara sul suo profilo Facebook: “Da Palamara dichiarazioni surreali. A me e agli italiani non interessano le scuse tardive o le parole, interessano i fatti: magistrati promossi per appartenenza politica (quasi sempre di sinistra) e non per bravura, processi infiniti, innocenti in galera e colpevoli fuori: è urgente una riforma vera della Giustizia, ma per farla servono un governo e un ministro capaci di farla”.
“Preoccupato per il mio processo dopo quello che è venuto fuori? Assolutamente no, sono convinto di aver bloccato gli sbarchi per il bene degli Italiani, l’ho fatto e lo rifarò”, ha concluso Salvini.
Palamara e il caso Di Matteo
L’ex consigliere del Csm ha proseguito con la sua difesa: “Facevo parte di un organo collegiale composto da 27 persone. Ipotizzare che sia solo io, a far convergere tutte le situazioni verso una unica, dà una falsa rappresentazione della realtà”. E ha detto di non essere stato lui a fermare Di Matteo: “Il sistema delle correnti si accordò su nomi diversi, e quella decisione fu ratificata dal plenum. Una sorta di manuale Cencelli“.
Sull’accusa mossa inizialmente nell’ambito dell’inchiesta di Perugia, di aver riscosso 40mila euro per facilitare una nomina, Palamara ha spiegato: “L’accusa originaria è caduta. Gli stessi pm l’hanno fatta cadere nella fase delle indagini preliminari. Il gip ha testimoniato che non c’è nessun atto contrario ai doveri d’ufficio”.