Bucha e l'accusa di crimini di guerra alla Russia: cosa rischia davvero Vladimir Putin
Dopo gli orrori di Bucha, con i civili nelle fosse comuni, si invoca un’inchiesta indipendente: i crimini ipotizzati e chi potrebbe indagare
Lo sdegno e la condanna per quanto scoperto a Bucha sono arrivati da ogni parte del mondo e nell’arco di poche ore. Se il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, non esita a parlare di “genocidio”, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, chiede “un’inchiesta indipendente” ritenendola “necessaria e urgente”. Anche il premier italiano, Mario Draghi, afferma che la “Russia dovrà render conto di quanto accaduto”.
Ma quali sono le possibili conseguenze nel caso in cui fosse riconosciuta la responsabilità di Mosca, che pure nega parlando di “fotografie ritoccate”? “La strada più percorribile nonché l’unica al momento è quella di un’inchiesta da parte della Corte penale internazionale” spiega a Virgilio Notizie Gian Carlo Poddighe, esperto del CESMAR, il Centro di studi di geopolitica e strategia marittima.
- Cosa sono i crimini di guerra e cosa rischia Putin
- Chi processa per crimini di guerra
- Le possibili azioni contro Putin e la Russia
- Crimini di guerra e sanzioni, i precedenti
- L’ipotesi di un tribunale speciale
Cosa sono i crimini di guerra e cosa rischia Putin
Fin da marzo la Corte penale internazionale ha avviato l’iter per stabilire se ci siano gli estremi per una incriminazione per possibili reati commessi dalle forze russe in Ucraina.
In particolare, il tribunale con sede all’Aja sta valutando tre tipologie di reato:
- crimini di guerra;
- crimini contro l’umanità;
- genocidio.
Lo stesso Putin potrebbe essere messo sotto accusa. Nel primo caso, secondo il diritto internazionale, per crimine di guerra si intende un atto che viola le leggi del diritto bellico e chi lo compie viene identificato personalmente come criminale di guerra.
Ad esempio, compie questo reato:
- chi usa armi vietate;
- compie saccheggi;
- maltratta, tortura o uccide i prigionieri.
Anche in ambito bellico, infatti, va tutelata la dignità umana. Durante un’operazione militare, in caso di resa, il nemico va preso in custodia senza ricorso alla violenza nei suoi confronti.
Sono crimini di guerra e contro l’umanità, quindi:
- il ricorso ad armi chimiche;
- lo sterminio di massa di prigionieri e civili;
- l’uccisione della popolazione in base all’appartenenza religiosa, nazionale, etnica, ecc. (genocidio).
Chi processa per crimini di guerra
Con l’approvazione nel 1998 dello Statuto della Corte Penale Internazionale (o Statuto di Roma), è la stessa Cpi con sede all’Aia (Paesi Bassi), il tribunale di competenza per i crimini internazionali che violano i codici di condotta anche in ambito bellico.
Esiste anche la Corte internazionale di giustizia dell’Onu, anch’essa con sede all’Aia, che però si occupa soprattutto dell’operato dei Paesi e non dei singoli individui, come invece fa la Corte penale internazionale.
Le possibili azioni contro Putin e la Russia
A invocare l’intervento della Cpi è stata in queste ore l’ex procuratrice per i crimini di guerra Carla Del Ponte, che ha chiesto alla Corte dell’Aja di emettere un mandato d’arresto nei confronti del capo del Cremlino. “Putin è un criminale di guerra“, ha detto in un’intervista al quotidiano elvetico ‘Le Temps’, aggiungendo: “È l’unico strumento esistente che consente di arrestare l’autore di un crimine di guerra e portarlo davanti alla Corte penale internazionale”.
Esistono, però, dei limiti oggettivi all’azione della Corte penale internazionale: “Le eventuali delibere, condanne o sanzioni della Corte penale internazionale devono essere recepite dagli ordinamenti nazionali. Se l’ordinamento russo non recepisce le decisioni, condannare Putin equivarrebbe a ‘un saluto alla bandiera’, ossia non si tradurrebbe in alcuna azione concreta» osserva a Virgilio Notizie Gian Carlo Poddighe, esperto del CESMAR, il Centro di studi di geopolitica e strategia marittima.
“All’atto pratico – spiega Poddighe – si potrebbe istruire un’inchiesta, come accaduto per la ex Jugoslavia, ma non è detto che si arrivi a conclusioni analoghe”.
Crimini di guerra e sanzioni, i precedenti
Proprio il caso dei Balcani è uno dei precedenti più noti di intervento della Cpi. Lo stesso nome della Del Ponte è associato alle due indagini sui crimini di guerra commessi nella ex Jugoslavia e in un altro contesto bellico nel quale sono stati riconosciuti crimini di guerra, come in Ruanda.
L’ex procuratrice, che ha fatto parte della commissione investigativa delle Nazioni Unite sugli abusi dei diritti nella guerra in Siria, oggi ritiene che spiccare un mandato d’arresto nei confronti di Putin rappresenterebbe un segnale importante.
Secondo Poddighe “avrebbe, però, soprattutto valenza simbolica. La differenza rispetto alla ex Jugoslavia è che in quel caso ci furono molti arresti con conseguenti condanne. Ma per Putin non sarebbe così semplice, a meno di non fermarlo in occasione di un trasferimento in uno Stato estero che riconosce la Corte internazionale e recepisce le eventuali sentenze, come accaduto, ad esempio, a Pinochet, a suo tempo arrestato in Inghilterra”.
In effetti anche Del Ponte chiarisce che, in caso di condanna di Putin, se rimanesse in Russia “non verrebbe mai arrestato. Ma sarebbe impossibile per lui lasciare il suo Paese e sarebbe un segnale forte che ha molti stati contro di lui”.
L’ipotesi di un tribunale speciale
In realtà, fin dalle scorse settimane c’è chi ha invocato l’istituzione di un “tribunale speciale”.
A sottoscrivere la richiesta è stato un gruppo di giuristi, scrittori ed ex politici, tra i quali l’ex premier britannico, Gordon Brown, e Dapo Akande, docente di Diritto internazionale all’università di Oxford.
“La strada dei tribunali speciali, però, è alquanto rischiosa. C’è stato il precedente di Norimberga, ma si rischia di poter arrivare alla pena di morte. Non sono uno strumento democratico: l’unico al momento è la Corte penale internazionale, che è quella intervenuta in tutti i casi di crimini di guerra degli ultimi decenni”, conclude Poddighe.