Boom di disturbi del comportamento alimentare dopo il Covid, ortoressia ma non solo: l'intervista all'esperto
Mentre il Covid sembra ormai un lontano ricordo restano gli strascichi come l’aumento di disturbi dell’alimentazione e in particolare dell’ortoressia
In Italia sono 3 milioni e 200 mila le persone che soffrono di disturbi del comportamento alimentare (DCA), pari a circa il 5% della popolazione, in aumento durante il periodo della pandemia di Covid-19. Il problema è che, una volta superata l’emergenza sanitaria, è rimasta quella di un fenomeno che non accenna a diminuire. Il disturbo più diffuso è l’ortoressia, ma non è l’unico. L’intervista di Giulio Gaudio, esperto dietista nutrizionista intervenuto ai microfoni di Virgilio Notizie.
I disturbi alimentari più diffusi: cos’è l’ortoressia
Il disturbo più diffuso è l’ortoressia, ossia la tendenza a un controllo eccessivo e rigido di ciò che si mangia, temendo cibi che possano danneggiare la salute.
Spesso, però, questo atteggiamento diventa esso stesso fonte di un problema di salute e, senza un aiuto adeguato, il rischio è di ricadute.
Mostra sui disturbi alimentari a Palazzo Pirelli a Milano, in uno scatto del febbraio 2022
L’intervista a Giulio Gaudio
Giulio Gaudio, esperto dietista nutrizionista, ha risposto alle domande di Virgilio Notizie: “Nella maggior parte delle persone che ne soffrono, i disturbi del comportamento alimentare (DCA) hanno la particolarità di essere ricorrenti nel corso della vita. In moltissimi casi insorgono in età adolescenziale e anche se il paziente guarisce, spesso ha ricadute anche a distanza di molti anni. Il più delle volte, la ricaduta coincide con un evento stressante”.
Partendo dai dati sui disturbi dell’alimentazione perché col finire della pandemia questi sono rimasti?
“La pandemia, il confinamento sociale, la paura di ammalarsi di covid-19 hanno creato la situazione ‘perfetta’ per la ricaduta di moltissimi casi di DCA ma anche di casi ex-novo. La pandemia ha avuto molteplici ripercussioni sulle abitudini delle persone, tra cui l’abituarsi all’isolamento sociale, legato ad un aumento potenziale dei disturbi connessi al benessere psicologico (tra cui i DCA). Inoltre, i periodi di lockdown hanno impedito di fare attività fisica e sono stati causa di aumento di peso per molte persone. La voglia di perderlo velocemente in seguito alla pandemia, per molti è stata la scintilla per lo sviluppo di un disturbo del comportamento alimentare”, spiega Gaudio.
Tra i DCA le attenzioni si concentrano sull’ortoressia, ossia il controllo eccessivo e rigido di ciò che si mangia, motivato dalla volontà di non nutrirsi di cibi potenzialmente “dannosi”. Perché l’ortoressia, secondo lei, è aumentata?
“Oggi, grazie al web e ai social media, è semplicissimo accedere a qualsiasi tipo di informazione, anche di tipo medico e nutrizionale. Purtroppo tramite questi canali non sempre viene fatta una corretta informazione. Inoltre c’è una tendenza a demonizzare gli alimenti. Questo può portare a risultati devastanti perché molte persone possono acquisire delle informazioni come verità assolute ed eliminare un alimento dalla propria dieta, solamente perché l’hanno letto in un articolo sul web o visto da un video su TikTok. Ovviamente non è sbagliato informarsi tramite questi canali, ma bisognerebbe imparare a farlo da molteplici fonti e attendibili”, chiarisce l’esperto.
Come si distingue un’alimentazione “sana” da una ortoressica, che finisce con il diventare dannosa essa stessa? Quali sono i campanelli d’allarme?
“Seguire un’alimentazione sana non deve spaventare. Sono gli eccessi e i comportamenti estremi a portare allo sviluppo di un disturbo del comportamento alimentare, che diventa tale quando comporta un disagio di tipo psicologico o sociale o porta a problemi fisici. Alcuni campanelli d’allarme per l’ortoressia possono essere eliminare completamente alimenti o gruppi di alimenti dalla propria alimentazione; rifiutare cene fuori e aperitivi perché si esce dalle proprie regole alimentari; leggere attentamente le etichette di tutti gli alimenti che si mangiano; provare sensi di colpa, angoscia, ansia e agitazione se non si riesce a rispettare le proprie regole alimentari”, risponde Gaudio.
Qual è l’identikit di chi soffre di ortoressia?
“La persona che soffre di ortoressia ha delle regole alimentari molto rigide che deve rispettare ad ogni costo e che tenta spesso di imporre anche alle persone che gli stanno vicino. Inoltre giudica in maniera negativa l’alimentazione di altre persone che non seguono le sue stesse regole. Si informa frequentemente sulle regole di sana alimentazione e rifiuta tutti gli inviti in cui si mangia fuori (come cene o aperitivi). Quando non ci si può sottrarre, ad esempio una cena di lavoro, sceglie locali in cui il menù si addice alle sue regole, ma vivendo comunque l’esperienza con disagio, ansia, sensi di colpa e angoscia. Quando fa la spesa, seleziona molto attentamente ogni singolo alimento in base alle etichette e agli ingredienti. Generalmente (ma non sempre) chi soffre di ortoressia preferisce alimenti che hanno delle diciture come “vegano”, “Bio”, “gluten free” o “proteico” anche se queste diciture in molti casi non contraddistinguono un alimento più sano – prosegue il nutrizionista – A differenza dell’anoressia, la persona che soffre di ortoressia non ricerca necessariamente un dimagrimento e la perdita di peso, che è invece una semplice conseguenza dell’eliminazione di molti alimenti”.
Quali possono essere le conseguenze dell’ortoressia?
“L’ortoressia può condizionare in diversi modi la salute di una persona perché non incide solamente sul benessere fisico, ma anche e soprattutto sul benessere psicologico. Pesa molto, infatti, sul piano relazionale perché l’ortoressico tende ad emarginarsi, dando la priorità su tutto alle sue regole alimentari. Sul piano psicologico, frequenti stati di angoscia, ansia e depressione possono sfociare in veri e propri disturbi dell’umore. L’ortoressia ha però anche ripercussioni fisiche perché l’eliminazione di alimenti o interi gruppi di alimenti può portare a squilibri o carenze nutrizionali”, spiega Gaudio.
Negli ultimi mesi si è registrato un aumento del 36% di diagnosi di DCA e del 48% di richieste di aiuto nei Pronto Soccorso. Eppure la sensazione è che il fenomeno sia sottostimato. Perché?
“In merito ai disturbi del comportamento alimentare c’è molta ignoranza. Molto spesso non si conoscono proprio o si pensa che siano il capriccio di un adolescente. A volte capita che anche i medici non li riconoscano adeguatamente o in tempo e questo complica il processo di diagnosi e di cura – chiarisce l’esperto – Nel caso dell’ortoressia, questo atteggiamento è accentuato poiché si ha la tendenza a credere che sia solamente una banale maggiore attenzione nei confronti di un’alimentazione sana e addirittura, a volte, viene premiata o incoraggiata”.
Le strutture accreditate per l’intervento sui DCA sono aumentate, passando da 108 del 2022 a 126 del 2023, secondo i dati dell’Istituto Superiore di sanità. A chi ci si rivolge in caso di DCA?
“In caso di DCA ci si deve rivolgere per prima cosa al medico, che può fare una diagnosi corretta e indicare poi la terapia, quindi il percorso di cura. La cura di un disturbo del comportamento alimentare è multidisciplinare, ovvero vi partecipano, il medico, lo psicologo o psicoterapeuta e il dietista. La terapia nutrizionale mira a correggere il comportamento alimentare attraverso una corretta educazione alimentare – conclude Gaudio – Per questi motivi, per curare un disturbo del comportamento alimentare è preferibile non rivolgersi ad un singolo professionista, ma ad una clinica specializzata”.