Bersani denunciato da Vannacci per diffamazione, l'aveva definito "cog*****": perché il giudice l'ha assolto
Pier Luigi Bersani è stato assolto dall’accusa di diffamazione nei confronti di Roberto Vannacci. Per il tribunale si è trattato di una “allegoria”
È arrivata a conclusione la vicenda della denuncia per diffamazione presentata dal generale Roberto Vannacci contro Pier Luigi Bersani, che lo aveva definito “cogl***e” durante un’intervista. Per il tribunale non si è però trattato di un’offesa ma di una “allegoria”, quindi “il fatto non sussiste”.
- Bersani contro Vannacci, la sentenza
- La decisione sulla denuncia per diffamazione
- La spiegazione del giudice
Bersani contro Vannacci, la sentenza
Assolto perché “il fatto non sussiste”: è quanto deciso dal Tribunale di Ravenna in merito alla denuncia che aveva presentato il generale Roberto Vannacci contro Pier Luigi Bersani, reo a suo dire di averlo appellato con l’epiteto “cogl***e” nel corso di un’intervista rilasciata alla Festa dell’Unità di Ravenna il primo settembre 2023.
Nello specifico, l’ex segretario del Partito Democratico, parlando del libro di Vannacci “Il mondo al contrario”, aveva immaginato questo ipotetico mondo come un bar, chiedendosi: “Ma se in quel bar lì è possibile dare dell’anormale a un omosessuale, è possibile anche dare del cogl***e a un generale?”.
Pier Luigi Bersani, assolto dall’accusa di diffamazione dopo la denuncia presentata dal generale Roberto Vannacci
Roberto Vannacci non aveva preso bene questa domanda, e di tutta risposta aveva presentato una formale querela contro Bersani, che a suo dire lo aveva diffamato offendendolo pubblicamente. Una versione che non si sposa però con l’interpretazione dei giudici.
La decisione sulla denuncia per diffamazione
Inizialmente, lo scorso 27 febbraio, la Procura di Ravenna aveva chiesto un decreto penale di condanna per 450 euro di multa per diffamazione aggravata dal mezzo per Pier Luigi Bersani, affermando che la “responsabilità sulla base delle documentazioni audio-video” era stata “provata”.
Ma il lavoro del Gip Corrado Schiaretti, che ha sezionato tutto il discorso dal punto di vista giuridico-grammaticale, si è concluso con una direzione opposta: secondo Schiaretti, difatti, la richiesta della Procura “non può essere accolta per insussistenza giuridica e prima ancora linguistica”.
Il giudice ha chiarito che quanto detto da Bersani “non può essere qualificato come metaforico”, mentre il generale Vannacci ha “confuso la figura della metafora con quella della allegoria”.
La spiegazione del giudice
In sostanza, per il giudice nel luogo immaginario descritto da Bersani, il Bar Italia nel quale “sarebbero leciti linguaggi in netto contrasto con la sensibilità civile” (quelli scritti da Vannacci nel suo libro, nel quale offende gli omosessuali), essendoci tale tipo di dinamica è anche possibile dare del cogl***e a un generale.
E questo è chiaro anche “essendo nota la storia personale e l’ironia di cui Bersani ha fatto sfoggio in decenni di carriera politica”, grazie alla quale “la frase incriminata appare all’ascoltatore non credibile: un artificio retorico volto all’ironia politica nei confronti della destra italiana”.
Quindi Bersani, che per questa vicenda era stato attaccato dalla destra (in particolare dal ministro Salvini), secondo il giudice ha “voluto evidenziare che, come è sbagliato dare dell’anormale a un omosessuale, è altrettanto sbagliato dare del cogl***e a un generale”.
E se qualcuno già pensa a una sentenza politica, è bene chiarire che il Gip Schiaretti è quello che archiviò le posizioni degli agenti della scorta di Salvini quando il figlio dell’allora ministro dell’Interno fece un giro in mare con la moto d’acqua della Polizia.