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Beppe Fiorello: "Basta feste sui social, sì al lutto nazionale"

L'attore su Twitter: “Rispetto per i morti e le loro famiglie". Il web si divide

Di: VirgilioNotizie | Pubblicato:

Giuseppe Fiorello fa discutere il mondo social. L’attore ha postato sul suo account Twitter una delle foto simbolo di questa pandemia: quella dei veicoli militari dell’esercito che trasportano le bare dei bergamaschi, morti per il coronavirus, verso i forni crematori di altre Regioni. Insieme all’immagine Fiorello ha deciso di condividere con i suoi follower anche il suo pensiero: «Camion militari per portare le bare dei morti e ancora si canta sui balconi, si fanno battutone spiritose su questa tragedia epocale, si fanno happening sui social. Dobbiamo fare tre giorni di lutto nazionale, rispetto per i morti e le loro famiglie, social sì ma senza fare festa».

Sul web però non tutti sono pronti ad accogliere l’appello. Il popolo social, come prevedibile, si è diviso. C’è chi concorda con le sue parole: «Grazie Giuseppe. Purtroppo qui a Treviglio (Bergamo) ci sono circa 6/7 funerali al giorno. L’altro giorno sono morti due mariti delle colleghe di mia moglie, uno è intubato, mio cognato è positivo ma sembra stia meglio. Qui è una guerra Beppe, chiediamo preghiere. Grazie», «Hai ragione. Ogni tanto è utile abbassate la tensione, ma girare tutto a tarantella no. Pur non percependo le morti come in quelle zone è giusto mantenere un attimo di silenzio e rispetto», «Hai ragione. Hai ragione al 100%! È un bollettino di guerra e i morti sono di tutti. Sono nostri parenti! Il dolore delle famiglie deve essere il dolore di tutta l’Italia. Non è finita ragazzi. Non è ancora finita».

E chi al contrario pensa che non sia la decisione giusta: «Capisco il dramma. E qui a Milano colpisce amici sempre più vicini. Ma pensiamo anche ai ragazzi, ai bambini. Vedere speranza dalle finestre può conservare salute psichica. Non possono vivere solo nella paura che respirano intorno. E neppure gli anziani», «Piangiamo, piangiamo tutto il giorno perché i morti sono i nostri nonni, i nostri genitori, i nostri fratelli. Piangiamo e abbiamo paura, tanta paura. Per questo ci servono anche le canzoni sui balconi, non potremmo sopportare un peso così greve per così un periodo così lungo», «Non si canta sui balconi per fare festa. È talmente ovvio. Si canta per fare comunità, per non spezzare il legame con il prossimo, per non sentirsi soli, per non arrendersi. È una forma di resistenza. Per il resto le giornate sono lunghe ore di lutto, angoscia, sofferenza».

Giuseppe Fiorello Fonte foto: ANSA
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