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Arriva il nuovo farmaco per contrastare le malattie genetiche del fegato: l'intervista ad Angelo Di Giorgio

Boom delle malattie del fegato, i dati indicano un aumento di cirrosi e epatocarcinomi, ma arriva un nuovo farmaco: intervista ad Angelo Di Giorgio

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I dati non sono incoraggianti. Si stima che nei prossimi 10 anni si registrerà una crescita del 50% di casi di cirrosi e del 100% gli epatocarcinomi, due delle malattie del fegato più insidiose e diffuse. L’intervista ad Angelo Di Giorgio, pediatra dell’Ospedale Giovanni XXIII di Bergamo e referente dell’Area Fegato della Società italiana di gastroenterologia epatologia e nutrizione pediatrica (Sigenp), che ha condotto uno studio su un nuovo farmaco per i bambini.

I dati sulla steatosi epatica

“Secondo il dato nazionale dell’Istituto superiore di sanità del 2021, la prevalenza della steatosi epatica è del 22-27%, ma i dati preliminari dello studio Prevenzione nei dipartimenti di emergenza accettazione- PreDEA rivelano che su un totale di 170 pazienti arruolati il 40% sia affetto da steatosi epatica”, ha spiegato Clara Balsano, professore ordinario di Medicina interna e Direttore della Scuola di medicina di emergenza urgenza dell’Università degli Studi dell’Aquila, in occasione di un recente convegno.

A peggiorare il quadro sono anche i tempi di attesa per gli screening preventivi che, se invece fossero più brevi, permetterebbero di intervenire precocemente su fattori di rischio modificabili, come lo stile di vita, ma anche le cure farmacologiche.

malattie fegatoFonte foto: 123RF

Malattie genetiche del fegato in aumento

Parlare di malattie del fegato “è generico: occorre distinguere a seconda delle cause”, spiega Angelo Di Giorgio, pediatra dell’Ospedale Giovanni XXIII di Bergamo e referente dell’Area Fegato della Sigenp.

Come sottolinea l’esperto, infatti, per le malattie di tipo autoimmune non si conoscono le cause.

“Le malattie genetiche  – aggiunge – sono sicuramente in aumento anche grazie a una migliore capacità di diagnosi, che permette di individuarle, mentre in passato si parlava solo di cirrosi, ad esempio, senza conoscerne l’origine. Diverso è il discorso per altre patologie, come il fegato grasso fin dall’età pediatrica: in questo caso lo stile di vita ha un ruolo determinante. Mi riferisco all’alimentazione, per esempio, ma anche alla vita sedentaria, che non giova: non fare movimento o sport e passare molte ore seduti ai videogiochi può aumentare il rischio di andare incontro a questa patologia”.

L’intervista ad Angelo Di Giorgio

A cosa serve il nuovo farmaco per l’età pediatrica?

Odevixibat è un farmaco che è risultato efficace nel trattamento dei pazienti pediatrici affetti da colestasi intraepatica familiare PFIC, una rara malattia genetica del fegato causa di gravi alterazioni nella sintesi e nel trasporto della bile che determinano prurito spesso invalidante, problemi della crescita e dell’apprendimento”, spiega Di Giorgio, che ha presentato i risultati dello studio in occasione del recente Congresso Europeo Società Europea di Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica ESPGHAN 2023 di Vienna.

Perché è così importante questo farmaco per i bambini che sono affetti dalla colestasi intraepatica familiare?

“Perché i bambini che ne soffrono hanno, tra i sintomi più marcati, un forte prurito, dovuto all’incremento nel sangue di sostanze normalmente eliminate con la bile, come la bilirubina e gli acidi biliari. Questo aumento può portare appunto a un prurito talmente severo da provocare lesione cutanee da grattamento e disturbi del sonno tali da compromettere il normale sviluppo psicomotorio dei bambini. I piccoli pazienti, infatti, non riescono a riposare né di giorno né di notte, e a volte piangono e gridano per il fastidio. La perdita di sonno, a sua volta, può rendere difficili le normali relazioni tra i vari membri della famiglia”, chiarisce l’esperto.

Voi, come Area Fegato della SIGENP, avete potuto preliminarmente trattare i bambini attraverso un programma di uso compassionevole. Quali sono i risultati?

“La nostra casistica di 25 bambini trattati è molto numerosa, considerato che si tratta comunque di una malattia rara. Ai pazienti abbiamo somministrato l’Odevixibat ottenendo una significativa riduzione degli acidi biliari sierici, nel sangue, e del prurito. Si è assistito, quindi, a un netto miglioramento della qualità di vita dei piccoli pazienti, cosa che invece in passato non si era potuta raggiungere, neppure con il ricorso ad antistaminici. La speranza è di poter evitare il ricorso a interventi chirurgici che, seppure efficaci, sono molto invasivi”, spiega Di Giorgio.

Dottore, perché i casi di malattie epatiche sono in aumento? Quanto conta lo stile di vita e quanto anche il miglioramento nelle diagnosi?

“Parlare di aumento delle malattie del fegato è un po’ generico. Occorre chiarire di quali patologie stiamo parlando. Quelle autoimmuni sono sicuramente in crescita, nei bambini e negli adulti, ma non ne conosciamo il motivo. Sicuramente per quelle genetiche è aumentata la capacità di diagnosi. Se, invece, si fa riferimento alle malattie legate a uno stile di vita scorretto, come il fegato grasso, allora un’alimentazione scorretta e una vita sedentaria fin da bambini, con poco sport e movimento e molte ore passate seduti ai videogiochi, possono determinare un danno al fegato” spiega l’esperto della SIGENP.

Quali sono gli esami a cui sottoporsi in caso di sospetto di malattia epatica?

“Per quanto riguarda l’età pediatrica, non ci sono screening appositi. Sicuramente bisogna stare attenti, in chiave preventiva, all’alimentazione e allo stile di vita, come detto. Se, però, ci si sottopone a esami per altri motivi e si riscontrano valori alterati delle transaminasi (cioè gli enzimi del fegato) o della bilirubina nel sangue, allora è bene approfondirne il motivo, per escludere una malattia cronica del fegato. In questo caso si potrebbe procedere con una ecografia, ma ricordo che è sempre importante rivolgersi a uno specialista epatologo”, conferma Di Giorgio.

Le cure prevedono anche interventi che hanno a che fare con l’alimentazione?

“Dipende dal tipo di malattia epatica. L’alimentazione non è quasi mai una ‘cura’ in senso stretto per le malattie del fegato ad eccezione di alcune patologie metaboliche. Mi riferisco, ad esempio, alla fruttosemia, con la quale non si dovrebbe mangiare frutta: in questo caso è evidente che la dieta prevede di non somministrarne. Lo stesso vale per alcune malattie che prevedono l’esclusione di alcuni lipidi e proteine, per cui l’alimentazione diventa una componente della terapia”, conclude il vicepresidente della SIGENP.

malattie-fegato-intervista-di-giorgio Fonte foto: Ospedale di Bergamo / 123RF
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