Arrestato Bellomo: dress code alle borsiste e minacce a Conte
L'ex giudice barese risponde ai reati di maltrattamenti, estorsione nei confronti di 5 donne e minacce al presidente del Consiglio.
Arresti domiciliari per Francesco Bellomo, ex giudice barese del Consiglio di Stato, che risponde ai reati di maltrattamento nei confronti di quattro donne, estorsione aggravata ai danni di un’altra donna, calunnia e minaccia al presidente del Consiglio Giuseppe Conte.
Maltrattamenti e dress code imposto alle borsiste
I fatti contestati risalgono agli anni 2011-2018, quando Bellomo era docente e direttore scientifico dei corsi post-universitari per la preparazione al concorso in magistratura della Scuola di Formazione Giuridica Avanzata “Diritto e Scienza”. Bellomo risponde ai reati di maltrattamenti commessi nei confronti di donne con le quali aveva avuto una relazione sentimentale, in concorso con l’ex pm di Rovigo Davide Nalin, coordinatore delle borsiste.
Stando alle indagini dei Carabinieri, come riporta Ansa, Bellomo usava le borse di studio offerte dalla società per “selezionare ed avvicinare le allieve nei confronti delle quali nutriva interesse, anche al fine di esercitare nei loro confronti un potere di controllo personale e sessuale” come si legge nell’imputazione.
Bellomo avrebbe fatto sottoscrivere alle borsiste un “contratto/regolamento” che disciplinava i “doveri”, il “codice di condotta” ed il “dress code”. L’abbigliamento era suddiviso in “classico” per gli “eventi burocratici”, “intermedio” per “corsi e convegni” ed “estremo” per eventi mondani”. Quello estremo prevedeva una gonna molto corta, 1/3 della lunghezza tra giro vita e ginocchio, oppure un vestito di analoga lunghezza. Per il dress code intermedio la gonna doveva essere corta tra 1/3 a 1/2 della lunghezza giro vita e ginocchio, il classico imponeva invece una gonna da 1/2 a 2/3 la lunghezza tra giro vita e ginocchio.
Il dress code dettava legge anche sulla borsa da indossare e le scarpe con tacco 8-12 cm a seconda dell’altezza, preferibilmente non a spillo. Un trucco calcato o intermedio, preferibilmente un rossetto acceso, era previsto a coronamento del look.
A selezionare le donne tramite colloquio, sottoponendole al “test del fidanzato sfigato” sarebbe stato l’ex pm Nalin, incaricato di vigilare sul rispetto degli obblighi contrattuali, svolgere istruttorie in caso di violazioni e proporre sanzioni. Ad alcune borsiste era imposto il “divieto di contrarre matrimonio a pena di decadenza automatica della borsa”, oltre alla “fedeltà nei confronti del direttore scientifico” e “l’obbligo di segretezza sul contenuto delle comunicazioni intercorse”.
L’estorsione sarebbe stata commessa nei confronti di un’altra corsista, costretta a rinunciare ad un lavoro da presentatrice in una emittente televisiva perché “incompatibile con l’immagine di aspirante magistrato” e “minacciando di revocarle la borsa di studio”.
Minacce ai danni del presidente del Consiglio Giuseppe Conte
L’accusa che riguarda il presidente del Consiglio, infine, risale al settembre 2017, quando Conte era vicepresidente del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa e presidente della commissione disciplinare chiamata a pronunciarsi su Bellomo. L’ex magistrato aveva citato per danni dinanzi al Tribunale di Bari Conte e un’altra ex componente della commissione disciplinare Concetta Plantamura, incolpandoli di “aver esercitato in modo strumentale il potere disciplinare”.
Pochi giorni dopo, Bellomo avrebbe chiesto “l’annullamento in autotutela degli atti per vizio di procedura” per “evitare l’aggravamento dei danni già ingiustamente subiti”. Così facendo, secondo la Procura di Bari, Bellomo avrebbe “implicitamente prospettato il possibile esercizio di azioni civili in caso di ulteriori danni”. Si tratterebbe quindi di una minaccia a Conte e Plantamura “influenzandone la libertà di scelta“.