Alzheimer, il primo farmaco che rallenta la malattia arriva dagli Usa: cosa sappiamo sul Leqembi
La Food and Drug Administration ha approvato il primo farmaco che non agisce solo sui sintomi della malattia di Alzheimer: è la prima volta
Evento storico. I pazienti, e soprattutto i familiari di pazienti con Alzheimer, hanno accolto la notizia con grande ottimismo e attesa: per la prima volta si potrà avere a disposizione un farmaco che non agisce solo sui sintomi della malattia, ma anche sulla sua progressione, rallentandola. Si tratta del ‘Leqembi’, sviluppato dalla casa farmaceutica giapponese Eisai, insieme all’americana Biogen, che si era già occupata di un altro farmaco, sul quale però non tutti gli esperti erano unanimi nel riconoscerne i benefici. Adesso, invece, pare che si possa parlare di una svolta, come conferma il professor Elio Scarpini, docente di Neurologia, già direttore del Centro Alzheimer e Sclerosi Multipla ‘Dino Ferrari’ dell’Università di Milano – IRCCS Fondazione Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico. La sua intervista ai microfoni di Virgilio Notizie.
- Qual è la novità del nuovo farmaco Leqembi?
- Si prende di mira il processo sottostante dell’Alzheimer invece di curare i sintomi: cosa ne pensa?
- Negli Usa la malattia colpisce 6,5 milioni di persone. In Europa circa 10 milioni (6,6 milioni sono donne). Quando potrà arrivare il via libera al farmaco anche in Europa?
- Quali sono gli effetti collaterali che potrebbe avere il farmaco contro l’Alzheimer?
- Quali sono i criteri con i quali potranno essere selezionati i pazienti a cui somministrarlo?
Qual è la novità del nuovo farmaco Leqembi?
“È la prima volta che si parla di un farmaco che non solo agisce sui sintomi, in particolare nella rimozione dell’amiloide, la proteina responsabile dell’Alzheimer nel cervello, ma anche a livello clinico, quindi sul decorso della malattia stessa. In fase di studio 2, in effetti, si erano già vista la capacità di questo farmaco nel agire sulla proteina, mentre in fase 3 sembra dimostrato anche il beneficio, statisticamente significativo, da un punto di vista cognitivo e funzionale nei pazienti affetti dal morbo: in pratica si rallenta il decadimento cognitivo ed è la prima volta che accade”, spiega Elio Scarpini.
Si prende di mira il processo sottostante dell’Alzheimer invece di curare i sintomi: cosa ne pensa?
“In effetti molti familiari di nostri pazienti hanno già iniziato a chiedere informazioni proprio per gli effetti che la malattia ha sia sui propri cari che ne sono affetti, sia sui parenti dei pazienti – constata Scarpini –: l’importanza potenziale di questo farmaco ha motivato anche la decisione di seguire la strada della procedura accelerata, a cui seguiranno ulteriori studi”.
Il quartier generale della Biogen a Cambridge, Massachussetts
Negli Usa la malattia colpisce 6,5 milioni di persone. In Europa circa 10 milioni (6,6 milioni sono donne). Quando potrà arrivare il via libera al farmaco anche in Europa?
“Negli Stati Uniti si è seguita la procedura insolita dell’autorizzazione accelerata, ma anche in Giappone e in Europa il farmaco sarà all’attenzione degli enti regolatori, come l’Ema (l’Agenzia europea del Farmaco, ndr) fin da marzo“, conferma il neurologo.
Quali sono gli effetti collaterali che potrebbe avere il farmaco contro l’Alzheimer?
“Gli effetti collaterali sono sostanzialmente di tipo radiologico, come micro-emorragie, che sembrano essere fenomeni reversibili. Sono stati segnalati anche pochi casi di sintomi come lieve stato di confusione, cefalea, nausea, comunque di tipo transitorio“, spiega l’esperto.
Quali sono i criteri con i quali potranno essere selezionati i pazienti a cui somministrarlo?
“Al di là del costo del farmaco, che è elevato – oltre 26 mila dollari all’anno per ciascun paziente -, i criteri riguardano il quadro clinico: non sarà un farmaco per tutti i pazienti con demenza perché, sulla base degli studi, emerge che sarà adatto solo a chi ha un decadimento cognitivo lieve e in coloro che, sottoposti a esami come la Pet, evidenziano un accumulo di amiloide nel cervello“, spiega Scarpini. Che aggiunge: “Quanto alle controindicazioni, risultano esclusi coloro che assumono anticoagulanti, perché per loro potrebbe esserci un rischio di micro-emorragie più importanti. I requisiti, quindi, non saranno di tipo anagrafico“.