Alzheimer e calcio: secondo uno studio svedese i colpi di testa aumenterebbero il rischio di danni cerebrali
La ricerca ha preso in esame i calciatori che hanno giocato almeno una partita nella massima serie svedese tra il 1924 e il 2019: il 9% si è ammalato
La salute dei calciatori professionisti sembra essere al centro di una nuova scoperta scientifica: secondo uno studio svedese, i giocatori di calcio avrebbero maggiori probabilità di sviluppare la malattia di Alzheimer rispetto alle persone che non praticano questo sport. La probabile causa? I colpi di testa.
- La nuova ricerca che arriva da Stoccolma
- I risultati della ricerca svedese
- Le cause del nesso tra malattia e calcio
La nuova ricerca che arriva da Stoccolma
La ricerca, presentata con il titolo “Neurodegenerative disease among male elite football (soccer) players in Sweden: a cohort study”, traducibile con “Malattia neurodegenerativa tra l’elite dei giocatori di calcio maschile in Svezia: uno studio a campione”, è stata portata avanti dai ricercatori del Karolinska Institutet di Stoccolma.
Lo studio ha preso in esame tutti i calciatori maschi (dilettanti e professionisti) che hanno giocato almeno una partita in Allsvenskan (equivalente svedese della nostra serie A) dal 1 agosto 1924 al 31 dicembre 2019.
Secondo i risultati della ricerca, i portieri non subirebbero gli stessi danni dei colleghi di movimento. Nella foto Mark Flekken, estremo difensore del Friburgo, durante l’incontro di Europa League contro la Juventus
Dalla ricerca sono però stati esclusi, oltre ai giocatori dei quali si sono perse le tracce nell’ultimo secolo, anche quelli che non erano nati in Svezia e che erano immigrati nel paese dopo i 15 anni.
I risultati della ricerca svedese
I risultati della ricerca del team condotto dal Dr. Peter Ueda, pubblicati sul sito della prestigiosa rivista medica Lancet, hanno restituito un quadro preoccupante per i calciatori.
Degli oltre 6mila sportivi presi in esame difatti, il 9% è stato colpito da una malattia degenerativa del cervello, mentre la media nazionale si ferma al 6%. Una media nella quale, con un pizzico di sorpresa iniziale, rientrano anche i portieri.
Dalla ricerca risulta infatti che per i giocatori di movimento il rischio di ammalarsi è 1,5 volte più alto rispetto ai colleghi che restano tra i pali. Questo dato in particolare ha portato i ricercatori a individuare una causa specifica che potrebbe portare tali conseguenze ai calciatori.
Le cause del nesso tra malattia e calcio
Lo studio, che era partito dal potenziale aumento del rischio di malattie neurodegenerative associate al gioco del calcio, si è basato sulle prove che collegano lesioni cerebrali traumatiche, comprese commozioni cerebrali e lesioni sub-concussive ripetitive senza sintomi, a un aumentato rischio di malattia neurodegenerativa.
Ma se, in generale, le lesioni cerebrali sintomatiche sono rare nel calcio (reindirizzare la palla usando la testa, subendo quindi piccoli e ripetuti traumi, possa essere causa di neurodegenerazione, sebbene le prove di tale collegamento siano incoerenti, incomplete e controverse.
E anche se i ricercatori non sono riusciti a definire con chiarezza in che modo questo studio potrebbe essere applicato, ad esempio, alle calciatrici o ai calciatori contemporanei, che durante la loro carriera utilizzano attrezzature decisamente differenti da quelle di inizio XX secolo, i risultati di studi simili condotti su altri sport (come rugby, boxe o football americano) destano non poche preoccupazioni sulle conseguenze a lungo termine che alcune modalità di questi sport potrebbero avere sugli sportivi.