Addio al test di Medicina preoccupa i rettori, l'appello al governo e alla ministra Bernini dopo la decisione
I rettori italiani sollevano dubbi sulla riforma Bernini, che prevede l’abolizione del numero chiuso per la facoltà di Medicina
L’abolizione del numero chiuso per la facoltà di Medicina preoccupa i rettori. La riforma è stata presentata dalla ministra Anna Maria Bernini e prevede l’addio al test di ingresso che, finora, ha regolato gli accessi all’iscrizione. Dopo l’entrata in vigore della riforma l’iscrizione sarà libera e l’accesso sarà poi regolato dopo il primo semestre in base ai crediti formativi e la posizione in una graduatoria nazionale.
- I dubbi dei rettori sulla riforma Bernini
- Addio al test per Medicina, le criticità
- Il rischio per le altre professioni sanitarie
I dubbi dei rettori sulla riforma Bernini
Ma la riforma, così come è stata presentata, ha sollevato diversi dubbi tra i rettori, espressi tramite la Crui (Conferenza dei rettori italiani).
Sono tre, in particolare, le perplessità sollevate nei confronti dell’abolizione del test di ingresso alla facoltà di Medicina e Chirurgia.
La ministra dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini
Addio al test per Medicina, le criticità
La prima preoccupazione riguarda la sostenibilità economico-finanziaria della riforma, anche alla luce del taglio del 10% subito dai bilanci delle università nell’anno corrente. I rettori, inoltre, sono dubbiosi sulla possibilità di dare accoglienza e formazione adeguata ai futuri aspiranti medici.
“Le risorse utilizzate finora per 20.000 studenti non possono essere sufficienti per i 60/80.000 candidati che frequenterebbero una volta che la revisione andasse a regime”, spiegano i rettori. Secondo la Crui, la situazione diventa “drammatica quando si considera l’assoluta incertezza sul finanziamento statale anche per l’anno 2025”.
La riforma del governo prevede di aumentare il numero di ingressi a 25.000 studenti, ma secondo i calcoli del Crui le risorse non sarebbero comunque sufficienti ad accogliere i nuovi iscritti.
Il rischio per le altre professioni sanitarie
Oltre al tema economico, i rettori italiani sollevano anche quello della tutela delle professioni sanitarie perché “esiste un rischio consistente che la modifica delle modalità di accesso al corso di laurea in medicina e chirurgia, odontoiatria e medicina veterinaria determini una ulteriore diminuzione di candidati per le altre professioni, in particolare infermieristica, i cui laureati sono molto più carenti e necessari dei medici”.
Il timore, quindi, è che attratti dalla possibilità di iscriversi a Medicina, migliaia di studenti non prendano in considerazione la possibilità di scegliere strade alternative, sempre nell’ambito delle professioni sanitarie.
Secondo l’ultimo rapporto Crea Sanità, in Italia mancano oltre 60mila infermieri e tale carenza è destinata ad aggravarsi nei prossimi anni.